Londra tra incubo e riscatto: Ultima notte a Soho
Eloise (Thomasin McKenzie), giovane ragazza della Cornovaglia, arriva a Londra con l’ambizione di diventare una stilista. Appassionata della Swinging London, la sua vita cambia quando scopre che di notte, addormentandosi nella camera che ha affittato, riesce a connettersi con Sandy (Anya Taylor-Joy), un’aspirante cantante vissuta nella Londra degli anni Sessanta con cui non ha legami apparenti e di cui non sa nulla, assistendo a eventi della sua vita e rimanendone affascinata fin da subito.
Quella che inizialmente sembra essere un’avventura magica che influenza Eloise anche nelle sue scelte di vita (gli abiti da realizzare, il look) presto si rivela invece un incubo da cui cercare di uscire.
Ultima notte a Soho è l’ultima fatica di Edgar Wright, che decide di abbandonare la commedia per cimentarsi con un horror movie (genere che aveva già accarezzato in opere precedenti come Shaun of the Dead) in cui troviamo riferimenti dichiarati (come quelli a Repulsion di Polanski e A Venezia… un dicembre rosso shocking di Roeg), uniti al “giallo all’italiana” di registi come Mario Bava, Dario Argento, Lucio Fulci e con richiami anche a Federico Fellini.
Il film è una indagine minuziosa sulla Londra degli anni Sessanta: dal set design, ai costumi fino alla selezione di brani di artisti musicali come John Barry, iKinks, iWalker BrotherseDusty Springfield. Ci sorprende e ci lascia immergere e ammirare i tempi mai vissuti che ci regalano scene emozionanti come l’esecuzione a cappella di Dowtown di Anya Taylor-Joy. Wright ci mostra, però, anche i lati oscuri di quegli anni dicendoci che il passato non per forza è meglio del presente, e lo fa mantenendo sempre un equilibrio tra il glorificare alcune cose («la musica era meglio») e il criticarne altre (le vite illuse, deluse e calpestate sotto il glamour). Un’opera dunque dotata di grande potenza visiva e che mostra l’ossessione del regista per quegli anni (pare infatti che l’idea gli sia venuta ripercorrendo quel periodo assieme ai suoi genitori che l’avevano vissuto).
Questo viaggio nel tempo è possibile tramite il filo conduttore dell’opera cioè il legame che nasce tra le due protagoniste anche in virtù del fatto che in un certo senso il dramma del “fantasma” che Eloise vede non è diverso dal suo: entrambe fanno fatica a essere riconosciute e accettate nel mondo in cui vivono (l’unico che cerca di capire Eloise è un ragazzo sensibile e innamorato di lei, mentre l’unica a capire Sandy è invece proprio Eloise).
Ma se per Sandy ormai non c’è più speranza poiché vittima del mondo maschilista della Londra di quegli anni, un luogo che pare magico, immerso dalla musica e dalle luci in cui perdersi, ma che nasconde il grande marciume all’interno del mondo dello spettacolo, Eloise rappresenta la possibilità di riscatto: la loro relazione può essere letta come la possibilità di un cambiamento mentale e sociale per quanto riguarda la condizione femminile.
«Non puoi salvarmi, salva te stessa» dice Sandy a Eloise. Il come spetta allo spettatore scoprirlo.