Soggetti pericolosi

Soggetti pericolosi

“Responsabilità. Cosa significa essere responsabili e per chi?

C’è bisogno di creare ponti, accorciare le distanze affinché questa responsabilità sia sempre più collettiva perché non ci si possa più nascondere dietro lo specchio dell’ignoranza senza sentirsi complici e colpevoli.

Parlare, diffondere, testimoniare sono armi potentissime”

Inizia così il documentario indipendente “Soggetti pericolosi” di Stefania Pusateri e Valentina Salvi, che racconta la storia di Davide Grasso, Maria Edgarda Marcucci, Fabrizio Maniero, Jacopo Bindi e Paolo Andolina, persone che hanno la “colpa” di aver supportato le forze democratiche curde contro lo Stato islamico tra il 2016 e il 2018, e di aver sostenuto l’esperienza rivoluzionaria in Rojava, “colpevole” a sua volta di voler sovvertire millenni di patriarcato e sfruttamenti in vista di un ideale democratico. 

In Rojava Davide, Eddi, Fabrizio, Jacopo e Paolo, insieme a tanti e tante altre, fanno esperienza di un nuovo vivere sociale, una gestione politica che fa a meno dello Stato e dà nuovo significato al concetto stesso di democrazia. In Rojava vivono quattro milioni e mezzo di persone, con lingue e culture diverse, che si riconoscono nel bisogno di autodeterminarsi.

Questo documentario indaga le motivazioni di quattro ragazzi e una ragazza, le ragioni più intime che li hanno spinti a partire e a combattere dal lato giusto della Storia, a dispetto di tutto. Ma li segue anche al loro ritorno, li accompagna nelle aule di tribunale in cui queste cinque persone si sono trovate a doversi difendere perché considerate “soggetti pericolosi”. La procura di Torino ha infatti scelto di procedere – attualmente solo nei confronti di Eddi Marcucci – con la sorveglianza speciale: una misura di limitazione della libertà personale che prescinde dall’accertamento di effettive responsabilità. Si tratta, quindi, di un provvedimento che limita la libertà personale, di circolazione e di manifestazione del pensiero di un soggetto che, di fatto, non ha commesso nessun reato (questo procedimento affonda le sue radici nel Codice Rocco emanato, non a caso, nel 1931).

Le due registe sono riuscite, a mio avviso, a mettere a punto una narrazione coerente che accompagna con delicatezza a seguire il percorso di queste persone, nel pieno rispetto delle martiri e dei martiri, come Lorenzo Orsetti, a cui il documentario è dedicato e che, attraverso i suoi scritti, contribuisce a tenere il filo della narrazione. Quelle che sono raccontate sono le storie di persone che fanno della partecipazione politica un elemento costitutivo del loro vivere sociale, ma che, allo stesso tempo sono persone “normali, la cui normalità spaventa e ci impone una riflessione: in cosa sono diversi da me? Dove risiede il loro coraggio? E io da che parte scelgo di stare?”.  

Grazie alle testimonianze delle protagoniste e dei protagonisti, di avvocati, giuristi e familiari, il documentario riesce a dare una visione trasparente dei valori che sono sotto minaccia e della lotta estenuante per difenderli, ma spinge anche a chiedersi cosa si può fare in maniera collettiva per resistere alle ingiustizie e trovare la forza di diventare un’alternativa. 

Per approfondire non perdetevi oggi, 14 ottobre alle ore 18:00, la proiezione del film e il dibattito con Stefania Pusateri e Davide Grasso nell’ambito della quinta edizione della rassegna sul cinema documentario di Forlì, Meet the Docs! Film Fest.

Per comprendere meglio gli avvenimenti raccontati nel doc, può forse essere utile una breve scaletta degli eventi che hanno riguardato il nord-est della Siria dagli anni Sessanta al 2019. 

1962. Il governo siriano lascia 300.000 curdi senza cittadinanza.

1970. Il regime di Ba’ath fa sistemare popolazioni arabe nelle aree tradizionalmente curde per creare una cintura araba.

2003. Nasce il curdo PYD, Partito dell’Unione Democratica.

Dal 2004 le donne si organizzano segretamente attraverso il network Yekitiya Star.

2011 – 2012 inizia la rivoluzione. Dopo mesi di proteste contro il regime di Ba’ath la popolazione di Kobane (19 luglio 2012) e quella di Afrin (20 luglio 2012) scacciano l’esercito siriano dai propri territori. Iniziano ad auto-organizzarsi.

Gennaio 2011. Viene creato TEV-DEM (Movimento per una società democratica) per costruire e coordinare il sistema autonomo.

Luglio 2011. Viene creata l’Unità di Protezione Popolare (YPG).

Aprile 2013. Viene creata l’Unità di Protezione delle Donne (YPJ).

Luglio 2013. Liberazione di Ras al-Ayn dal Fronte al-Nusra (gruppo armato jihadista salafita) da parte di YPG e YPJ.

Gennaio 2014. Dichiarazione di indipendenza, sotto il nome di Rojava dei tre cantoni di Afrin, Kobane e Jazeera. I cantoni sono geograficamente non-contigui a causa della presenza di forze ribelli e jihadiste tra loro.

Settembre 2014 – Gennaio 2015. Le forze dell’ISIS attaccano la città di Kobane e, dopo mesi di combattimenti YPG e YPJ e alleati riescono a respingere gli attacchi, ottenendo una vittoria che attira un supporto globale.

Marzo 2016. Proclamazione della Federazione Democratica del Rojava – Siria del Nord.

Agosto 2016. Liberazione del Manbij dall’ISIS da parte di SDF (Forze Democratiche Siriane), un’alleanza di milizie curde, arabe e assiro-siriache.

Maggio – ottobre 2017. Le Forze Democratiche Siriane liberano Tabqa e Raqqa dall’ISIS. Sono stabiliti Consigli Civili nei territori liberati.

Gennaio 2018. Invasione di Afrin da parte dell’esercito turco. Più di 300.000 persone vengono sfollate, la maggioranza sono curdi.

Marzo 2018. Le Forze Democratiche Siriane si ritirano da Afrin. Milizie appoggiate dai turchi impongono la Sharia, rapiscono, torturano e uccidono civili, macchiandosi di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Settembre 2018. Creazione dell’Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria che ha responsabilità per la regione di Jazeera, la regione dell’Eufrate, la regione di Afrin, la regione di Manbij, la regione di Tabqa, la regione di Raqqa e la regione di Deir-ez-Zor.

Marzo 2019. Vittoria militare contro l’ISIS in Deir-ez-Zor sotto la leadership di SDF.

Ottobre 2019. Invasione turca di Ras-Al-Ayn e Tel Abyad, città nel nord-est della Siria dopo la decisione degli Stati Uniti di ritirare le proprie truppe dalla Siria. Più di 200.000 civili sono stati sfollati, più di 450 civili uccisi, più di 1.000 km² di terra occupati con lo stabilimento dei combattenti appoggiati dalla Turchia e delle loro famiglie. 

Fonte: Rojava Information Center

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