E quindi uscimmo a riveder le stelle
Tra me e l’uscita ci saranno stati una decina di metri. Sarebbe bastato alzarmi con un balzo dalla poltroncina, fare un breve scatto e tempo dieci secondi sarei stato fuori. Libero. Mi guardai intorno. Nessuno mi osservava. Respirai a fondo. Misi le mani sui braccioli della poltrona sulla quale ero prigioniero, feci forza e mi alzai. Una mano mi afferrò un polso. «Dove vai?» mi chiese Sophie. Sophie era una tizia conosciuta da poco che cercavo d’intortare, che a vederla era una gran bella e interessante ragazza, così quella sera le chiesi di andare al cinema. Non sapevo però che Sophie fosse una hipster-radical studentessa di teatro, così mi obbligò a vedere Pina di Wim Wenders: due ore di balletti incomprensibili con maschiacci muscolosi che si muovono come in preda a crisi epilettiche. Io di danza moderna non ci capisco niente, per carità, ma penso ci sia un limite a tutto. Alla mia pazienza sicuramente, e così cercai di scappare. Niente. «Dove pensi di andare?» rincarò Sophie. «Ma no, nulla, mi era venuto un crampo» risposi, e sorridendo mi rimisi a sedere.
Intanto, sullo schermo, un tizio statuario ballava nudo su una roccia. Un altro tizio, nudo anch’esso ma coi bicipiti un po’ meno sviluppati, giù alla base della roccia raccoglieva con le mani acqua da una pozzanghera e la lanciava in alto. Dall’espressione del viso si capiva chiaramente che era nel bel mezzo di un’indigestione. Sophie mi si avvicinò all’orecchio. «Ma guarda che sensibilità» mi sussurrò. «Eh già, ci stavo magari pensando» risposi io osservando la scollatura di Sophie.
Cambiò scena. C’era una sorta di deserto, o cava d’argilla, e una fila di uomini e donne vestiti in maniera elegante passeggiavano facendo strani gesti con le mani. I primi tre minuti era pure interessante, ma dopo trenta la questione cominciò ed essere un po’ noiosetta e mi scappò lo sbadiglio. «Cosa fai?» spiò Sophie. «Ma no, nulla, mi era venuto un crampo alla bocca» risposi io. Un signore, due file davanti a noi, cominciò a russare di brutto. Piovvero commenti di sdegno da parte di tutti i presenti in sala, mentre io trattenevo le risate. «Ma che vergogna, ma vai a dargli una spintarella!» mi sussurrò Sophie. Mi alzai, mi diressi verso il dormiente, lo superai, presi la rincorsa, saltai con un balzo olimpionico due poltroncine vuote, spinsi il maniglione antipanico dell’uscita e l’aria della libertà mi entrò dritta in gola. Era gennaio e io avevo lasciato il cappotto dentro. Pazienza. Mi misi a sedere su un cumulo di neve, guardai le stelle, e fragorosamente ruttai. Sentii provenire dall’interno del cinema l’applauso degli uomini costretti ad andare a vedere quel film dalle proprie morose.