Misfits. Disadattati contro la società
Il primo decennio cinematografico degli anni 2000 verrà ricordato come quello dei cinecomics. Lo sfruttamento dei fumetti e graphic novel statunitensi (e non) ha aperto la strada a una progressiva riscoperta del medium fumetto, delle sue modalità espressive e soprattutto delle sue tematiche. Si sono susseguite dunque nuove e vecchie riletture dei supereroi e dei loro poteri. X-Men, Peter Parker e colleghi sono stati rispolverati e modernizzati per essere più appetibili alle nuove generazioni. Dopotutto l’idea di Stan Lee e soci continua ad essere vincente: “Perché vedere le abilità e i superpoteri dei nostri personaggi solamente come un pregio? Perché non considerare questi doni come delle maledizioni?”.
E allora i poteri di Peter Parker sono portatori di grandi responsabilità e gatte da pelare, le abilità di ogni singolo mutante degli X-Men sono causa principale dell’emarginazione e del razzismo nei loro confronti. Appioppati ad adolescenti, i superpoteri diventano il simbolo della maturità, il cambiamento del proprio corpo dovuto alla crescita, un dilemma con cui fare i conti, un modo per scoprire la propria identità. Questa idea è stata rimaneggiata e riproposta diverse volte e trova in Misfits una nuova declinazione. I protagonisti di tale serie, prodotta e trasmessa dalla rete inglese 4E, sono un gruppo di ragazzi problematici seguiti dai servizi sociali londinesi.
Si tratta di reietti, figli di famiglie povere, disadattati, piccoli scarti di una società troppo grande per loro e che li rifiuta. Una strana tempesta dona loro dei particolari super poteri, i quali (come succedeva per i Fantastici 4 della Marvel) non sono altro che la proiezione e materializzazione delle loro paure e dei loro desideri. Allora il timido e taciturno Simon, ossessionato dalla paranoia di essere ignorato, acquista l’abilità di diventare invisibile, l’insicura Kelly riesce a leggere nel pensiero delle altre persone, l’eccentrica ed esibizionista Aisha provoca irrefrenabili reazioni sessuali in chiunque la tocchi e così via. Ma, a differenza dei comics americani, l’evento fantastico non porta ad una metamorfosi in positivo dei personaggi, nessuno dei disadattati mette le sue nuove abilità al servizio di una causa comune, nessuno diventa un supereroe.
Questi nuovi poteri/maledizioni vengono utilizzati dai ragazzi come strumento di difesa e sopravvivenza. Il fulcro non è un’ipotetica lotta del bene contro il male, ma è una lotta tra se stessi e il mondo esterno, tra quello che l’individuo vorrebbe essere e quello che la realtà gli permette di essere. Il taglio realista e disincantato rimane un dettaglio non da poco, restituendo allo spettatore personaggi tutto sommato plausibili e reali, lontani da facili stereotipi, anche se il punto di partenza potrebbe essere visto nel film culto Breakfast Club. Il film di Hughes giocava sugli stereotipi dei propri personaggi in modo da sfruttare la facile immedesimazione del pubblico di riferimento, mentre in Misfits i cliché vengono annegati tra storie crude e uno stile graffiante.