On the Milky Road: la nausea dell’auto-citazione
Emir Kusturica ritorna dietro (e davanti) la macchina da presa dopo 8 anni dal documentario Maradona e dopo 9 dal suo ultimo film di finzione Promettilo! e ci fa seguire le peripezie di Kosta (interpretato dal regista), ogni giorno impegnato ad attraversare sul suo mulo un sentiero per portare qualche litro di latte tra i campi di una trincea in cui si sta combattendo una spietata battaglia, con conseguente perdita di qualche goccia lungo il percorso (da qui il titolo originale, che letteralmente significherebbe “sulla strada di latte”, diversamente da quello della traduzione italiana che sembra voler dare al film una valenza cosmica e universale).
Ancora una volta il regista riprende la guerra in Yugoslavia, tema presente e fondante di buona parte della sua produzione, un tema di cui Kusturica si è servito per raccontare, attraverso quello stile stravagante, onirico e musicale la condizione storica del suo paese. Senza riferimenti espliciti non abbiamo una precisa collocazione temporale: c’è la guerra, la guerra finisce, i soldati combattono e sopravvivono a questa guerra. Solo qualche accenno da parte dei protagonisti e lo stato dei pochi oggetti tecnologicici possono far pensare di trovarci a cavallo tra il ventesimo e ventunesimo secolo.
La Guerra si limita ad essere un semplice pretesto per raccontare, ancora, una stramba storia d’amore che sembra, per il regista, l’unico modo per fuggire dall’inconsistenza di questo mondo in procinto di crollare su se stesso. On the milky road altro non è che una fuga d’amore lungo i balcani con Kosta e Nevesta (una sorprendente Monica Bellucci), misteriosa donna promessa al fratello di Milena; Milena che a sua volta è disperatamente innamorata di Kosta e non vede l’ora che il fratello torni dal fronte per sposare Nevesta, così che da potersi sposare con il suo amore.
Si parte da una scena di apparente calma serafica che segue il volo di un falco lungo il cielo limpido sopra le trincee, poi passiamo a un gruppo di anatre che vediamo vagare tra le case di un paesino inabitato. Un’apparente atmosfera serafica che si infrange quando le anatre cominciano a tuffarsi in una vasca piena di sangue di maiale, a ricoprirsi di mosche e infine a nutrirsi di esse. Una tranquillità che nasconde un sottocutanea instabilità che si muove lungo tutto il film, anche quando la guerra sembra essere terminata. Dopodiché parte una soap opera che introduce i vari personaggi, alcuni buffi, strampalati e crudeli, altri invece tragici, e dopo alcuni siparietti a tempo di musica etnica balcanica e di farsa, il film si lancia lungo l’interminabile fuga finale di Kosta e Nevesta.
Chi non avesse visto altri film di Kusturica potrebbe trovare questa ultima pellicola un simpatico divertissement insolito: si passa dai momenti drammatici e romantici ad altri divertenti, musicali ed esplosivi e dinamici come un Mad MaxFury Road in cui i deserti apocalittici lasciano spazio ai lunghi e verdi campi della Bosnia e del Montenegro. Ma chi conosce un minimo il regista (e in particolaremodo Underground) non può non rimanere un attimo allibito dalla visione di questa pellicola. Le ragioni di questa affermazione? On the milky road è un film che, oltre adavere problemi strutturali che rendono alla lunga la pellicola sbilanciata, ridondante e poco interessante, finisce per essere una continua e nauseante auto-citazione, se non (duole dirlo) un plagio di se stesso; guardando On the milky road non si contano le sequenze che vengono riprese continuamente da Underground (dalle oche, alle pistole come strumenti, agli svolgimenti narrativi).
Poi, qualcuno potrebbe anche accontentarsi di queste due ore di delirio filmico che alla fine risultano simpatiche, ma al film manca anche altro, purtroppo. Come già scritto On the milky road risulta ripetitivo e frastornante, e nella parte finale diventa poco interessante come i due innamorati riescano a sfuggire a un gruppo di Caschi Blu talmente incapaci da far perdere credibilità al tutto (va bene il tono ironico da commedia, ma qui siamo al limite). Il regista ricerca continuamente il momento poetico per evocare quell’onirismo lirico tutto personale, ma si dimentica di stare raccontando, comunque, una storia per il pubblico rendendo il film una continua esaltazione di se stesso davanti a uno specchio.
Quel ritmo onirico, felliniano e tendente all’assurdo, provocante e umano, e quella pietas per i suoi protagonisti cheavevano reso celebre Underground, qui si annacquano in modo evidente, complice un uso del digitale (quattro anni di post-produzione!) che avvelena la plasticità delle “bellissime” immagini.
Divertente tuttavia come il regista giochi con l’iconografia biblica ribaltando i significati, ma rimane tutto in secondo piano per elogiare l’italiana e pura Monica Bellucci per la quale Kusturica sembra avere un’ossessione (un po’come fece Tarantino con Pam Grier in Jackie Brown, ma lì è un altro discorso). Kosta, anima buona, giusta, innocente e amica degli animali, estranea alla guerra e con un passato tragico appena suggerito da uno dei soldati, è un personaggio a tratti simpatico e a tratti insopportabile e incoerente, che non si fa scrupoli a far esplodere un gregge di pecore per salvarsi, nonostante un tema naturalista di fondo che respira continuamente.
Dispiace trovarsi di fronte a un pastrocchio del genere realizzato da un regista che ha segnato gli anni ’90 con un film più incisivo, definitivo ed coraggioso come Underground – al quale non vennero risparmiati neanche pochi fastidi per certe idee politiche, ma che almeno diceva qualcosa. Qui siamo dalle parti opposte: si sfrutta la guerra per mettere in scena una inconsistente storiella d’amore che riesce a incantare raramente lospettatore.
Presentato alla 73° Mostra internazionale del cinema di Venezia On the milky road risulta un passo falso che sancisce l’impossibilità per un regista come Kusturica di ritrovare qualcosa da dire nel suo stile ormai superato e datato, tanto sbagliato – in questo caso – da far tenerezza.