Fortunata
Castellitto ci catapulta in una realtà fatta di degrado, sogni, violenza e multiculturalismo. La sua regia è forte, muscolare a tratti eccessiva ma nasconde una forma di denuncia sociale che spicca per l’attualità degli argomenti e la delicatezza con cui viene affrontata. Il tema dello straniero, del diverso, dell’immigrato è ripreso dagli occhi della piccola coprotagonista, Barbara. Questa modalità narrativa funziona soprattutto perché dimostra come il razzismo non sia un sentimento radicato nella natura umana ma possa essere il frutto di un ambiente sociale ostile. Barbara osserva le diverse etnie che costellano il suo mondo e chiede agli adulti delle lenti per mettere a fuoco la loro diversità. Fortunata racconta uno spaccato di Roma assurdamente veritiero senza la pretesa di essere necessariamente un film drammatico e per questo si dimostra paradossalmente molto divertente.Il film merita di essere visto anche solo per la fotografia di Corticelli. La distesa di figure che ballano nella prima scena, la carrellata in tribunale e la corsa della sposa burina: inquadrature simmetriche totalizzanti con campi lunghi che invadono lo schermo e gli occhi degli spettatori.Deludente l’interpretazione dei personaggi maschili che sembrano essere funzionali a esaltare le imponenti figure femminili di questo film. L’unico che convince è Alessandro Borghi con la sua interpretazione del bipolare Chicano. Amico d’infanzia della protagonista, è spettrale e folle ma non smette mai di essere realistico. Edoardo Pesce, alle prese con il ruolo di padre della piccola Barbara, è granitico nell’interpretazione di un uomo violento e abituato a non dover chiedere niente. Il suo personaggio risulta a tratti posticcio ed eccessivo soprattutto nelle allusioni razziste e misogine che lo inquadrano nello stereotipo de ”l’italiano medio”. A contrastare il burbero Pesce troviamo uno sbiadito Stefano Accorsi, che veste i panni dello psicologo tormentato da drammi di natura deontologica. Il suo personaggio è privo di spessore e di realistica empatia. Anche durante la sua scena madre, mentre rincorre Fortunata lungo le rive del Tevere, è lei la protagonista. Jasmine Trinca, alias Fortunata, non smette mai di essere la protagonista. La sua andatura barcollante fra le strade desolate della periferia romana rimane una costante per tutto il film e rende perfettamente l’idea di un personaggio tenace che non può e non vuole mollare. Fortunata è una presenza ammaliatrice ingombrante instancabilmente attaccata a una vita fatta di niente. Barbara, interpretata splendidamente dalla piccola Nicole Centanni, è l’altro personaggio femminile che attira lo spettatore per i lunghi silenzi, l’espressione dura e l’instancabile desiderio di attirare l’attenzione in una famiglia allo sbando.