Pantera Nera colpisce ma non graffia
Regia 3
Soggetto e sceneggiatura 3
Fotografia 1
Cast 3
Colonna sonora 2

Il regno di Wakanda è una regione dell’Africa rimasta occultata al resto del mondo, isolata economicamente da tutti e tutto grazie alla sua principale fonte minerale, il Vibranio, che conferisce alla sua società una ricchezza tecnologica di inestimabile valore. La forza di questo prezioso minerale riveste di grandi responsabilità T’Challa (Chadwick Boseman), nuovo erede al ..

Summary 2.4 normale

Pantera Nera colpisce ma non graffia

Il regno di Wakanda è una regione dell’Africa rimasta occultata al resto del mondo, isolata economicamente da tutti e tutto grazie alla sua principale fonte minerale, il Vibranio, che conferisce alla sua società una ricchezza tecnologica di inestimabile valore. La forza di questo prezioso minerale riveste di grandi responsabilità T’Challa (Chadwick Boseman), nuovo erede al trono come Pantera Nera del regno, che dovrà fronteggiare la rabbia belligerante e ribelle di Killmonger (Michael B. Jordan).

Creato del 1966 da Stan Lee e Jack Kirby, poco prima della nascita del movimento omonimo, il personaggio di Pantera Nera è sempre stato una figura complessa, stratificata e portatrice di un immaginario gigante che trova la sua prima trasposizione live action quest’anno con questo (primo?) film appartenente alla fase tre del Marvel Cinematic Universe. Già due anni fa con il terzo capitolo di Capitan America: Civil War il personaggio era stato introdotto all’interno dell’universo cinematografico e il primo trailer del film interamente dedicatogli venne rilasciato un anno fa.

A firmare la regia è Ryan Coogler, poco più trentenne con alle spalle due buoni lavori: Fruitvale Station e Creed. Entrambe i film sono calati nella realtà americana contemporanea e vedono come protagonista Michael B. Jordan, nel primo film nei panni di un ragazzo afroamericano che venne picchiato a morte da un poliziotto senza aver fatto nulla, mentre nel secondo nei panni di Adonis, figlio di Apollo Creed, che decide di farsi allenare da un ormai vecchio Rocky Balboa, costretto a fare i conti con la sua solitudine e i problemi economici dell’”america oggi”.

È da un canestro malmesso e improvvisato di Oakland che si apre questo Pantera Nera: il canestro come simbolo della società afroamericana dei ghetti, intrappolata in una prigione criminale di figli cresciuti in strada, tra droga, soldi e gang delle strade; il canestro come sport di ribellione sociale e individuale. Una realtà che a noi europei è stata raccontata numerose volte, attraverso il cinema e la Tv con i primi film di Spike Lee e la serie televisiva The Wire, ma soprattutto attraverso la cultura rap, dai Niggaz with attitudes, Tupac, B.i.g Notorius fino ai giorni nostri con l’opera musicale portata avanti da Kendrick Lamar (dopo aver visto una parte del film, il cantante ha deciso di firmare una colonna sonora ispirata a Pantera Nera, con tre pezzi che vi figurano all’interno).

Ma il canestro e le strade servono solo come pretesto narrativo per introdurre il film con un’ellissi temporale che ci porta indietro nel 1992 (anni cruciali per la comunità afroamericana, afflitta dalla famosa faida west coast/east coast) per poi riportarci ai giorni nostri, alla nomina di T’Challa come re di Wakanda, che dopo la morte del padre deve guidare il regno verso le minacce a cui va incontro, come ad esempio quella rappresentata da Ulysses Klaue (Andy Serkins), folle e spietato mercenario che vuole appropriarsi delle risorse di vibranio per costruire pericolose armi di distruzione. Come ben vedremo, la minaccia più grande è però la figura di Killmonger, ex marine e contendente al trono di Wakanda, un ribelle che vuole portare l’isolato regno di Wakanda alla luce di un mondo in preda alla sofferenza, alla guerra, al colonialismo, alle barriere e al razzismo.

Come altri film delle fasi precedenti del MCU Pantera Nera è un film chiuso in se stesso come il regno di Wakanda, nella sue faide famigliari e nella ricerca delle origini e tradizioni popolari, e quindi, come la saga di Thor o l’ultimo Guardiani della Galassia, è un film che si sradica dal suo universo cinematografico diventando un cinecomic a sè stante. Tuttavia rimane molto radicato nell’attualità, come si può desumere dal regista, dall’intero cast e anche dalla collaborazione con Kendrick Lamar, tutto giustamente calcolato per richiamare un immaginario black. Dopo la risposta di molti registi alla presidenza Trump (Steve McQueen, Tarantino, Denzel Washington ecc) pure la Marvel decide così di dire la sua e assegnando la regia a Coogler, che in Creed aveva grande dinamismo nell’azione con la macchina da presa, cerca di caricare il prodotto cinecomics di valori politici, sociali e profondamente attuali che vanno a legarsi a un’epica e a un intrattenimento a tratti riuscito, a tratti molto meno.

Nonostante il nobile intento della Marvel e di Coogler, il film di Pantera Nera si dimostra nettamente inferiore a ciò che vuole essere: un cinecomic prolisso, ridondante, dal procedere lento e meccanico dove le scene d’azione non hanno il giusto peso e i personaggi risultano poco convincenti, in primis il protagonista T’Challa, di poco impatto e carisma, penalizzato da una prova attoriale per Chadwick Boseman davvero secondaria.

Per fortuna è attraverso il personaggio di Killmonger (ovviamente interpretato dal solito Michael B. Jordan) che il film guadagna qualche punto, contestualizzando un villain nato nella realtà cara al regista, ovvero il mondo reale del ghetto, e legato nel sangue al regno divino e magico di Wakanda, riuscendo così ad affrontare temi in maniera tutt’altro che banale (anche se verso la fine in modo fin troppo esplicito, come nella immancabile scena after credits).

Dal punto di vista visivo il film ricrea un immaginario affascinante, colorato, a metà tra realtà terrena e regno del reale, del sogno e della fantasia, andando inevitabilmente incontro a evidenti problemi nella gestione degli ambienti digitali (fin troppo spesso i fondali in CGI paiono poco credibili) e nelle scene d’azione che dimostrano un Ryan Coogler davvero poco a suo agio con la mole di effetti speciali che rendono i combattimenti scadenti, goffi, troppo “cartooneschi”, tanto che neppure la grande battaglia finale non riesce ad avere il giusto spessore.

L’anteprima americana ha visto la critica statunitense tessere lodi entusiastiche sul film, come ogni volta definito “il miglior cinecomic di sempre”, ma io preferisco ridimensionarlo: Pantera Nera è un film che vuole dire tanto, troppo, rimanendo alla fine un cinecomic nella media, che fatica a intrattenere pur costruendo un immaginario epico, affascinante nelle atmosfere, nei costumi e nelle tradizioni, e a tratti molto appagante per gli occhi. Ci saremmo aspettati un minimo di cura maggiore anche negli effetti speciali per un film dal grande budget come questo; del resto può essere sintomo di una fretta produttiva che deve ottimizzare i tempi per gestire una spropositata serializzazione che anno dopo anno vede la Marvel (e la Disney) imporsi come la più grande forza economica nel cinema d’intrattenimento odierno.

Non mi sento di sconsigliarlo ma in fin dei conti questo Pantera Nera “vince” sul piano promozionale, e l’album che ha scritto, composto e diretto Kendrick Lamar per il film, insieme ad altri numerosi cantanti, è l’unica cosa davvero grande uscita da questo progetto; ma quella è musica, la prossima volta ci piacerebbe vedere un po’ più di cinema.

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