Nuevo Orden: lo sguardo sul populismo di Michel Franco
Vincitore del Leone d’Argento alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia e uscito in Italia sulla piattaforma I Wonderfull, Nuevo Orden di Michel Franco ci porta dentro una distopia politica ambientata a Città del Messico, uno scenario che potrebbe avvenire in tempi molto prossimi (i fatti sono infatti ambientati nel 2021).
La prima parte del film è molto tesa perché mostra come, in tutta la città, dove il divario tra le classi sociali è sempre più marcato, si scateni una rivolta che porta un gruppo di ribelli a irrompere nel matrimonio di Marianne, una rampolla dell’alta società, prendendo in ostaggio i partecipanti.
La rivolta è simboleggiata dal colore verde (che ritorna – tra gli altri – in vernici e bombolette spray) e viene vista sia dalla prospettiva dei ceti abbienti, sia da quella della servitù che presta servizio al matrimonio e che partecipa, in parte, ad esso. Una volta esplosa, la rivolta è brutale, sanguinosa. Pare essere portata avanti dalle classi più povere, ma non è ideologizzata, comunitaria: l’unico obiettivo sembra essere la soppressione delle classi agiate. Il regista è molto attento a non ideologizzare la ribellione (rendendola così davvero preistorica), e a non prendere una posizione, facendo riferimento al populismo degli ultimi anni che i commentatori hanno fatto fatica a identificare (ad esempio il Movimento 5 Stelle in Italia e i Gilet gialli in Francia) e da buon voyeur osserva l’evolversi degli eventi che portano l’esercito a instaurare una dittatura militare per riprendere il controllo della situazione.
Quella militare è la “controrivolta”, che presenta però persone corrotte che creano all’interno del loro stesso fronte delle crepe per interessi personali, dimostrando di non essere migliori dei rivoltosi.
Michel Franco è stato accusato di sadismo perché per “puro piacere” inserisce sequenze di violenza sia dei rivoltosi che dell’esercito, senza offrire spiegazioni della storia che racconta; ma questo, seppur vero in piccola parte, non è il suo obiettivo: non si occupa di verificare gli eventuali aspetti – positivi e negativi – di una rivolta dal basso, ma di mostrare quello che potrebbe accadere molto presto nel caso in cui le tensioni sociali finissero per sfociare in una rivolta collettiva. Pensando al Brasile di Bolsonaro, all’Inghilterra di Johnson, all’America di Trump, all’Italia di Salvini e Grillo, ecco che il film esprime la sua universalità nel mostrare quanto i populismi si siano diffusi e come molti di noi ne stiano vivendo degli esempi.
L’opera non si concentra però solo sulla tematica “rivolta vs controrivolta”, ma si lega anche ad alcuni personaggi, in particolare a Marianne, che finisce nei guai per via di un gesto di “capitalismo caritatevole” verso una persona più povera.
Il film, che segue la figura retorica dell’exemplum fictum, è ben diretto, ha una potenza poco discutibile e nella parte finale presenta molti vuoti narrativi che devono essere riempiti dallo spettatore attraverso la logica.
Michel Franco conferma dunque la buona tradizione del cinema messicano che, ai giorni nostri oggi, con Cuarón, del Toro e Iñarritu sta vivendo un ottimo momento.