Una giornata particolare – “Il fascismo è anti inquilino del sesto piano”
La vita può essere silenziata per anni, restare sopita in un angolo di mondo disertato per periodi di tempo infiniti. Per poi accendersi, divampare, accadere tutta in un momento.
La vita a volte esplode tra le mura di un appartamento, si versa nella tromba delle scale di un condominio, si rivela dalle finestre di un palazzone popolare.
E accade, così, in una giornata particolare.
Accade che un intellettuale segregato ai margini riacquisti il sorriso improvvisando una rumba. Accade che “I tre moschettieri” di Dumas diventino la chiave per la scarcerazione. E accade anche che due solitudini, una volta imparato a riconoscersi, riescano a scalfire il muro di quella cella di isolamento in cui il regime, forzatamente, li trattiene.
La vita è fatta di tanti momenti diversi, e ogni tanto arriva anche il momento di ridere, così all’improvviso, come uno starnuto… A lei non capita mai?
Uno starnuto di indocile libertà quella che provano Antonietta (Sophia Loren) e Gabriele (Marcello Mastroianni) : insieme si ribellano alla solitudine, ai sogni infranti, ai desideri soffocati, al servilismo, all’emarginazione, a un regime intero, ipocrita, machista, bugiardo e iniquo. Un’insubordinazione di poche ore che non impedisce all’ordine di ristabilirsi, ma che sa lasciare ogni cosa finalmente fuori posto.
La giornata particolare è quella del 6 maggio 1938, data della storica visita a Roma da parte di Adolf Hitler, preludio al famigerato Patto d’Acciaio che segnerà il corso della seconda guerra mondiale.
Una giornata perfetta per il regime per crogiolarsi nell’autocelebrazione, inneggiando alla propria potenza, declamando il prorpio vigore. Ed è durante il pubblico tripudio dell’autorità fascista che Ettore Scola sceglie di volgere lo sguardo verso la sommessa infelicità di chi è confinato al ruolo di inutile comparsa, costretto ad un ruolo subalterno, come le donne, o vittima di disprezzo e emarginazione, come tutti coloro che non corrispondono al modello del “vero uomo fascista”, ovvero marito, padre e soldato.
Il capolavoro del 1977 di Scola è una lezione di cinema, poesia e umanità.
La fotografia di Pasqualino De Santis sottrae i colori per poi tornare a dipingere la vita, simbolicamente, guidando lo spettatore verso il senso delle cose. La macchina da presa si accende su di un universo condominiale, su esterni grigi abitati da tante finestre affacciate sul cortile adornato dalla propaganda di regime. Si dirige poi verso l’interno, scegliendo un appartamento, quello di Antonietta, del marito fedele solo al Duce e dei loro sei figli (al settimo il Partito premia).
La giornata particolare sta per cominciare, la grande parata celebrativa richiama a se uomini e bambini. Le donne no. Loro restano a casa. E come loro restano nei loro appartamenti anche i disertori, i pericolosi sovversivi.
“Io non credo che l’inquilino del sesto piano sia antifascista, semmai il fascismo è anti-inquilino del sesto piano“. Questa è la coraggiosa ironica descrizione che Gabriele fa di se stesso.
Restano due solitudini: una inconsapevolmente rinchiusa in deboli facciate di fedeltà al regime, l’altra sull’orlo dell’autodistruzione. La donna che ha sacrificato la vita per la famiglia, accettando due dittature (il marito e la madrepatria maschilista). E l’intellettuale che sta per essere mandato al confino a causa della sua omosessualità.
È l’incontro di due prigioni, due umiliazioni, due fratture destinate a non saldarsi mai l’una con l’altra. Restano desideri inespressi, confidenze taciute, speranze interrotte. L’amplesso è disperato, immerso nella profonda nostalgia di chi sa che nessun calore può riscaldare se non si è liberi.
Ettore Scola unisce pulsioni individuali e coercizioni collettive. Una giornata particolare è politica e intimismo. La cinepresa di Scola non abbandona mai lo spazio circoscritto del palazzone, dividendosi fra l’appartamento di Antonietta, quello di Gabriele, il pianerottolo e la terrazza.
Al dialogo fra Antonietta e Gabriele, ironico, tenero, rabbioso e drammatico, si oppone il controcanto della radiocronaca dei festeggiamenti per la parata di regime: un elemento di invasiva prepotenza che sottolinea il senso di oppressione di questi due personaggi, che trovano in Sophia Loren e Marcello Mastroianni due interpreti perfetti.
Vi è una distanza crescente tra il rumoreggiare acritico di una massa informe e lontana, scesa in strada per decantare il proprio consenso indotto, e le due solitudine interiori che lo spettatore non perde mai di vista per poter assistere all’alba del disincanto, in un paese ancora ebbro della follia collettiva.
Nella crepa poetica con cui Ettore Scola ferisce l’inganno di regime, colori e musica sono praticamente assenti. Da un lato la de-saturazione progressiva della fotografia di Pasqualino De Santis, dall’altra la colonna sonora giocata su due motivi musicali: quello dell’inno nazista e quello della rumba, destinata a vincere su tutto, per un futuro in cui nulla è cambiato ma nulla è più lo stesso.
Una giornata particolare è un atto d’accusa alle prigioni in cui continuano ad essere stipate tutte le identità negate, costrette a non ri-conoscersi. Una poesia frodata dei colori, per essere riempita di zampillante desiderio di libertà. Un storia derubata del lieto fine che si alimenta della liber-azione che oggi, come ieri, è ancora possibile.