#Venezia80
Si è da poco conclusa la Mostra del Cinema di Venezia, quest’anno giunta alla sua 80°edizione. Una rassegna, possiamo dire, che in occasione di questo anniversario ha presentato una scelta filmica nel suo complesso più qualitativa rispetto agli ultimi anni.
E dire che le premesse non erano delle migliori per via soprattutto di un fattore, vale a dire lo sciopero di sceneggiatori e attori statunitensi – volto a ottenere maggiori tutele, aumenti salariali e una regolamentazione dell’utilizzo delle intelligenze artificiali da parte delle majors hollywoodiane – che ha rischiato di non far arrivare nessuno dei 6 film a stelle e strisce in concorso. Come ammesso dal direttore Alberto Barbera la notizia è stata una “bomba” visto che la selezione ufficiale (anche se ancora non annunciata a livello mediatico) era stata ultimata giusto pochi giorni prima dell’adesione allo sciopero da parte anche degli attori (avvenuta il 14 luglio 2023) attraverso il loro sindacato SAG-Aftra, e il pericolo di doverla stravolgere era altissimo. Alla fine 5 dei 6 film sono arrivati al Festival con la grande eccezione di Challengers – l’ultimo film di Luca Guadagnino con Zendaya protagonista – che era stato annunciato come film di apertura e di conseguenza sostituito da Comandante di Edoardo De Angelis.
Se i film sono riusciti ad arrivare non si può dire lo stesso delle star hollywoodiane che per sostenere lo sciopero hanno deciso di non essere presenti alla rassegna, non sponsorizzando così i rispettivi film, a parte Adam Driver (interprete di Ferrari di Michael Mann), Jessica Chastain e Peter Sarsgaard (protagonisti di Memory del regista messicano Michel Franco, realizzato da una produzione indipendente).
Così il Festival si è ritrovato sprovvisto della sua dimensione più mondana a favore esclusivo di quella puramente cinematografica e critica, non sono per cui mancate quest’anno polemiche, a partire dalla presenza dei film di Roman Polanski e Woody Allen, entrambi contestati da tempo in virtù delle loro vicende personali (polemica in questo caso smorzata sul nascere), fino alla protesta dell’attore Pierfrancesco Favino, stufo che colleghi stranieri interpretino personaggi italiani (in relazione alla scelta di Driver per impersonare Enzo Ferrari).
Andando oltre questi episodi, l’esito dell’evento è stato sicuramente positivo visto che questa è stata una delle poche edizioni che ha messo (quasi) tutti d’accordo per le scelte di premiazione, dalle quali è arrivato un forte segnale politico, visto che ogni film premiato tratta di tematiche/battaglie fortemente attuali, a partire proprio da Peter Sarsgaard il cui discorso, dopo la vittoria della Coppa Volpi per miglior attore, è stato un manifesto della battaglia di SAG-Aftra. A lui è seguito il Leone d’Argento alla miglior sceneggiatura a Pablo Larraín (finalmente premiato) per il suo El Conde, il cui protagonista è un Pinochet vampiro ancora in vita.
Forte è stata anche l’attenzione sulla questione migranti con le vittorie di The Green Border (Premio Speciale della Giuria) di Agniezska Holland (film sulla situazione dei migranti al confine tra la Polonia e Bielorussia) e del “nostro” (uno dei sei titoli italiani in gara) Io capitano di Matteo Garrone (miglior regia), che tratta del viaggio di due giovani senegalesi dal loro paese verso l’Italia.
Anche la questione climatica ha avuto il suo spazio con la premiazione (Gran Premio della Giuria) de Il male non esiste del giapponese Ryusuke Hamaguchi che racconta di come la tranquillità di una comunità montana vicino Tokyo sia minacciata dalla costruzione di un sito turistico.
Infine, un enorme rilievo ha avuto la figura della donna con la vittoria della Coppa Volpi per miglior attrice a Cailee Spaeny per la sua interpretazione di Priscilla Presley nel film di Sofia Coppola Priscilla (tratto dal libro della stessa Presley sulla sua relazione col marito Elvis), e (soprattutto) con il film vincitore del Leone d’Oro Povere creature! del regista greco Yorgos Lanthimos, una vera e propria opera di enpowerment femminile attraverso le avventure della protagonista Bella Baxter.
A un anno di distanza dalla vittoria di Tutta la bellezza e il dolore di Laura Poitras (documentario sulla battaglia della fotografa Nan Goldin contro la famiglia Sackler, proprietaria della casa farmaceutica Purdue Pharma, ritenuta responsabile dell’epidemia di oppioidi negli USA), il messaggio (molto) politico del Festival di quest’anno passa con le sue scelte interamente alla fiction: che sia il segno di un risveglio anche nel cinema di finzione della trattazione di argomenti “scomodi” e divisivi?