Climbing Iran
Climbing Iran, documentario del 2020 realizzato da Francesca Borghetti, racconta la storia di Nasim Eshqi, una giovane atleta che si distingue in diversi sport, come karate e kickboxing, ma che, sentendosi uno strumento politico dovendo gareggiare col velo, decide di cimentarsi in una nuova sfida: l’arrampicata. In Iran le donne possono fare questo sport solo su pareti indoor in orari precisi e in presenza soltanto di altre donne, ma Nasim Eshqi va contro queste regole prestabilite andando ad arrampicarsi all’aria aperta, sulle montagne persiane.
Il documentario si focalizza in particolare su una scalata fatta da Nasim Eshqi nelle Dolomiti (grazie al progetto Climbing Iran realizzato non senza difficoltà da Francesca Borghetti che è riuscita così a portarla in Italia), che le ha consentito di aprire una via lungo una parete rocciosa, una via per «condividerla con altri» per un messaggio di integrazione, solidarietà e pari opportunità.
La figura di Nasim Eshqici permette di fare anche un quadro della società iraniana fortemente maschilista in cui «non vediamo fare nulla di forte alle donne» e dove «non è facile per un uomo aiutare una ragazza a compiere qualcosa di grande e/o pericoloso», divenendo così un simbolo della lotta per i diritti delle donne, tema più che mai attuale viste le proteste nate nel paese dopo la morte di Jina Mahsa Amini (successive rispetto al documentario, ma che hanno visto coinvolta anche l’atleta Elnaz Rekabi, la prima donna iraniana a vincere una medaglia ai campionati mondiali di arrampicata che ha rinunciato nel 2022 a gareggiare con l’hijab in segno di protesta e per questo motivo incarcerata).
Nasim Eshqi poi vive una difficile situazione emotiva che si viene a creare per il modo di vivere in città, dove segue le regole della condotta, e la montagna in cui si sente “libera”: «Non importa se sei bianco o nero, ricco o povero, iraniano o italiano, uomo o donna, la gravità attira tutti verso il basso con la stessa forza. Ciò mi ha dato un senso di libertà e uguaglianza».
La situazione del suo paese e la possibilità di viaggiare all’estero (in un primo tempo in stati vicini all’Iran e poi anche in Europa) grazie alla sua attività sportiva, le ha fatto pensare di vivere altrove, ma alla fine ha deciso di restare in Iran perché «mi ha resa la donna che sono» e quella libertà dalle convenzioni trovata in montagna se la porta dentro una volta che ritorna in città. Ora, però, vive in Italia ai piedi di una montagna che le dà un rinnovato senso di libertà.
Climbing Iran è dunque un inno alla lotta per i diritti delle donne affinché questa lotta sia il più possibile condivisa.