Pillola rossa o pillola blu
Cerchiamo nell’immagine una riproduzione pedissequa della realtà, che sappia indirizzarci a quello che sia più simile alla verità, nella speranza di conoscere e riconoscere quegli aspetti dell’esistenza che sfuggono alla comprensione. Nella maggior parte dei casi riponiamo questa speranza nella “lettura” di un’immagine costruita per noi da qualcun altro (sia che avvenga attraverso la lettura che, come avviene molto più spesso, tramite un’immagine audiovisiva) dimenticando che qualsiasi tipo di immagine ci venga proposta è frutto di una visione, di un’interpretazione e quindi di una mistificazione e che, di conseguenza, è quanto di più lontano dalla realtà si possa immaginare.
Perché “il cinema è falso tramite il vero” e, tramite tutti quegli artifici che lo rendono ontologicamente e immutabilmente ingannevole, ci illude di assistere a una ricostruzione realistica, o quantomeno verosimile della realtà e quindi della verità: l’inganno visivo a cui assistiamo – o peggio ancora di cui siamo complici – ci invita a compiere una scelta tra una pillola rossa e una pillola blu, ci obbliga a decidere se credere a quello che vedremo, ci costringe ad accettare le regole di un linguaggio dichiaratamente illusorio sospendendo la nostra incredulità per farci percepire l’apparenza della sua verità.
Perché il cinema, citando Zizek, «non ti offre quello che desideri, ma ti dice come desiderare» per questo riusciamo a percepire nei confini disegnati su un pavimento le case di Dogville, sentiamo un senso di vuoto quando James Stewart viene colto dalle vertigini ne “La donna che visse due volte“, e accettiamo addirittura che Altman esordisca con un ciak in campo nella scena iniziale de I protagonisti.
In questo modo si crea una linea netta che separa la finzione dall’interpretazione che decidiamo di darle ed è esattamente per questo che il cinema, attraverso il suo inganno, ci dice qualcosa della nostra realtà e della nostra personalità: nel momento in cui superiamo quella linea non ci rapportiamo più con la semplice rappresentazione di un’immagine che qualcuno decide di scrivere, raccontare e montare, ma ci rapportiamo con quella dimensione di noi che, pur distinguendo l’aspetto onirico o immaginario, ne avverte un contenuto tangibile.
«Se cercate nella realtà qualcosa di più reale della realtà stessa, rivolgetevi alla finzione cinematografica».
Slavoj Zizek