Cry Macho e un interminabile tramonto
Come quando, alla fine di una storia, si tirano le somme e si cristallizzano i ricordi che vogliamo conservare, a volte anche mistificandone il valore per sopportarne il peso, così Cry Macho traccia il confine alla lunga parabola (poetica e artistica) di una delle figure più influenti che abbia attraversato il cinema negli ultimi cinquanta anni, ridisegnando i tratti iconografici del personaggio, spesso ironizzando sui dettagli più coloriti, proprio attraverso l’utilizzo di un corpo segnato dal peso del tempo che col suo incedere lento e impietoso contribuisce a solcare non solo i perimetri fisici, ma anche a riscrivere gli spazi dell’immaginario e della sua eredità.
Limitarsi a vedere l’ultimo film di Clint Eastwood senza leggere al suo interno un tentativo di celebrare/rovesciare l’archetipo del suo protagonista sarebbe quindi impietoso e ingeneroso, perché Cry Macho è un film che zoppica e che, come il suo personaggio, spesso si addormenta e si concede delle pause per poi risvegliarsi bruscamente.
Solo mettendo l’uno dentro l’altro il narratore e la narrazione il risultato finale riesce ad assumere a quello che può essere il suo significato perché Cry Macho ha tutte le caratteristiche per sembrare un canto del cigno, non tanto per il suo valore testamentario nella poetica del suo regista, quanto nel suo intento di congedare l’attore/regista dai suoi personaggi di una vita attraverso un lungo viaggio che lo porterà ad attraversare un confine (non solo fisico, ma soprattutto simbolico) e a scoprire di poter riuscire a lasciarsi alle spalle un passato incombente, nella consapevolezza di aver portato a termine quello che era il suo compito (e quindi di aver ripagato i propri debiti, anche verso se stesso) e di avere la possibilità di riscrivere il proprio futuro, sollevato dal peso di ciò che fu, in un altrove la cui distanza è segnata solo dalla volontà di non guardarsi indietro. In un lento e interminabile tramonto, tagliato da strade polverose e cavalli al galoppo, Clint Eastwood rivive ogni suo personaggio come fosse un ricordo da immortalare, un album di fotografie da sfogliare, per cercare di renderne eterna la memoria.