INDOCILI – Nuovo umanesimo digitale tra memoria e nuove esplorazioni
Il messaggio nella segreteria telefonica di un nonno mai conosciuto, le telefonate ai propri familiari per ricostruire il proprio tessuto dei ricordi, l’esplorazione di luoghi post-apocalittici, distopici, virtuali… i corti della Nouvelle Bug selezionati per INDOCILI, la rassegna organizzata da Tafano al Cinema Beltrade di Milano, tratteggiano una serie di percorsi tra memoria, esplorazione e nuovi linguaggi audiovisivi che raccontano di un cinema autoriale giovane e coraggioso, perfettamente in grado di sperimentare una nuova grammatica audiovisiva mescolando materiali anche molto diversi tra loro, e trasformando in possibilità quello che – precocemente – potrebbe essere visto come un limite.
I titoli selezionati per il terzo appuntamento di Indocili arrivano da Nouvelle Bug, la residenza artistica internazionale organizzata da Il Varco e dedicata a registe e registi per la realizzazione di cortometraggi con immagini prese da videogame e social network, o prodotte dalle intelligenze artificiali. I film prodotti, dunque, adottano l’estetica del mondo del gaming per narrare storie con linguaggio audiovisivo ibrido e innovativo. Guardarli sarà come calarsi all’interno di un videogame, ma accompagnati dalle riflessioni del grande cinema d’autore. Un accostamento, quello sperimentato dai corti della Nouvelle Bug, davvero interessante che richiede allo sguardo scettico dello spettatore uno sforzo in più: se all’inizio gli avatar in avanscoperta tra mondi distopici e virtuali posso far storcere il naso, l’attenzione nella scelta e nell’accostamento dei materiali a disposizione, la capacità tecnica di giocare con le intelligenze artificiali mettendole a disposizione della guida creativa del regista e delle esigenze della storia, permettono in fretta di riconoscere il potenziale di questa nuova forma espressiva del cinema.
Abbiamo guardato i corti selezionati per il nuovo appuntamento di INDOCILI, e sembrano muoversi lungo dorsali narrative ben chiare, articolando tra loro un dialogo silenzioso attorno ai temi della memoria e del ricordo, dell’esplorazione di luoghi altri, fisici e interiori, e di tempi passati e presenti.
La memoria e il rapporto con i ricordi, ad esempio, sono due elementi portanti in A Missed Call (Francesco Manzato) e Au revoir, Pugs (Brett Allen Smith).

A Missed Call è un lungo messaggio lasciato nella segreteria telefonica, è quel messaggio che avrebbe voluto scambiare con il nonno che non ha mai conosciuto. E allora disegna per lui un universo in cui un avatar-astronauta si muove, esplora galassie, si interroga, vive i suoi giorni e li racconta in questo breve messaggio. In questo caso, la memoria è un esercizio immaginativo che, supportato dalle AI, colma una mancanza irrimediabile: il ricordo viene costruito da zero partendo da immagini dell’archivio di famiglia e clip della Super8 del nonno, girate prima che il regista nascesse, alternandosi alle scene del videogioco ambientato in un luogo e in un tempo altro. I linguaggi si mescolano, così come i tempi del racconto e del ricordo che aleggiano sospesi tra passato e presente, tra vissuto e immaginato.

Au revoir, Pugs ci riporta nuovamente al tema del ricordo, interrogandone la materia – liquida e sfuggente – che la compone. Ricordi sfilacciati nel tempo dal perimetro che separa reale e immaginato ormai sbiadito dagli anni. Cosa è accaduto veramente e cosa, invece, è stato aggiunto della nostra mente? In Au revoir, Pugs la memoria viene interrogata in questi termini, in una serie di chiamate tra Smith e alcuni familiari nel tentativo di ricostruire il momento preciso in cui i carlini della sua infanzia sono morti. Cercando di recuperare momenti del passato, le immagini digitali di un carlino che corre in uno spazio indefinito si alternano a frame del carlino attuale di Smith e di un bambino. Il passato re-immaginato e il presente si incontrano, legati nella tenerezza e nella malinconia di un ricordo d’infanzia. Attraverso questi dialoghi telefonici si compie il tentativo di riconciliazione con le proprie memorie familiari.

Dai luoghi del ricordo si cammina verso città lacerate. Hold On For Dear Life di Simone Fiorentino ci proietta in una città attraversata dalla guerra, segnata da macerie e distruzione, dove resistono timidi sprazzi di vita e di quotidianità silenziosa. Questa volta è una lettera sussurrata a raccontarci quello che vediamo: il senso della perdita, le vite degli abitanti che restano, avatar con i volti sfigurati che resistono in uno spazio che ha perso quasi tutto ma che è difficile da abbandonare. Surely it feels sometimes like we’re in hand of some child waiting fo feel like God, and decide for everyone else, Fiorentino si serve dello strumento virtuale per imbastire un racconto profondamente empatico e reale su cosa voglia dire preservare la propria quotidianità se intorno la guerra incombe.

Dopo gli spazi deserti e frantumati di un luogo senza nome, la città è nuovamente protagonista di un altro cortometraggio. J’Adore Venise – On disappearing bodies di Stefano Dealessandri è un desktop documentary che indaga la Smart Control Room attiva nella città lagunare, un sistema realizzato da Tim Telecom Italia e Comune di Venezia per raccogliere dati e immagini della popolazione in movimento attraverso telecamere di sorveglianza. Il documentario si muove sopra e sotto le acque dei rii, attraversa i campi e plana sui campanili e sui tetti delle case mentre illustra l’esperimento realizzato per garantire maggiore sicurezza e soluzioni per un turismo sostenibile. In questo scenario distopico, i corpi si smaterializzano sotto l’occhio del capitalismo della sorveglianza, la città perde consistenza inseguendo velleità di sicurezza, affannata dalla ricerca di una soluzione per un turismo diverso.

Il viaggio digitale prosegue anche in Night Song for a Wondering Cowboy di Andrea De Fusco. Non avendo altro da esplorare nella realtà, l’avatar protagonista della storia ambientata nel videogame Red Dead si spinge oltre i confini del mondo e inizia un’avventura in universi virtuali pieni di anomalie da fronteggiare. L’esplorazione si compie anche in un secondo viaggio parallelo, più introspettivo, raccontato dalla voce fuori campo che si interroga sul concetto di infinito, sul mondo reale e virtuale.
Nei tre capitoli del cortometraggio l’esplorazione dello spazio con le sue anomalie apre una riflessione sulla superabilità dei confini oltre i quali possiamo immaginare mondi mai contemplati fino ad ora.

Con Time Sensitive Characters, Coralie Hina Gourdon ci porta dentro l’esperienza dello sleeping streaming, una pratica diffusa secondo la quale la gente avvia delle diretta live per riprendersi mentre dorme. È una tendenza molto diffusa anche nel mondo gaming, dove giocatori si appisolano davanti allo schermo durante sessioni di gioco in corso. Il desktop documentary di Gourdon si muove lungo due dorsali parallele, oltre agli sleeping streamers, c’è anche chi prova a insegnare all’intelligenza artificiale il concetto di sonno, assistiamo così allo studio di un avatar e ai suoi movimenti in uno spazio virtuale, dove sperimenta per la prima volta l’atto del dormire.
I cortometraggi saranno proiettati martedì 25 febbraio al Cinema Beltrade, alla presenza in sala dei registi. L’appuntamento sarà anticipato dalle consuete “Chiacchiere da Bar” al Bar Rondò, alle 20:00, in compagnia dei registi Francesco Manzato e Andrea De Fusco per parlare della loro esperienza nel mondo del cyber-realismo.