Emilia Pérez: la ricerca dell’identità a un bivio

Emilia Pérez: la ricerca dell’identità a un bivio

Credo fortemente nell’importanza di avere una propria opinione. Mi piace parlare, mi piace scambiarle, mi piace discutere e arrabbiarmi anche se non ce n’è motivo. Mi piace avere un’opinione e raccontarla. Eppure ci sono momenti, occasioni, argomenti in cui io un’opinione precisa proprio non riesco a formarla. Nella mia mente si delineano due strade diverse e parallele, ed è come se volessi trovare il modo di percorrerle entrambe. Un piede su una, un piede sull’altra, e io che continuo a contestare me stessa con un’antitesi che è comunque sempre la mia. Il risultato, spesso e volentieri, sono dei grossi bho. E uno di questi, l’ultimo in ordine cronologico ma non per importanza che si è fatto strada nella mia mente, è relativo a Emilia Pérez.

Presentato in anteprima allo scorso Festival di Cannes, dove è stato accolto con un’ovazione di nove minuti che già di per sé ha settato delle aspettative piuttosto alte, Emilia Pérez è arrivato nelle sale italiane il 9 gennaio. Questo, appena 4 giorni dopo la vittoria di ben 4 Golden Globes: Miglior film commedia o musicale, Migliore attrice non protagonista, Migliore canzone originale e Miglior film straniero. Preludio alla notte degli Oscar? Probabilmente sì. Ma altrettanto probabilmente anche un’ottima base di partenza per una lunga serie di aspettative. Aspettative che in buona parte, almeno nel mio caso, sono state disattese. Forse, proprio perché troppo alte.

Quando di un film si parla quanto si è parlato di Emilia Pérez, guardarlo può diventare una voglia di conferma più che un’esperienza cinematografica.

Anche chi non lo ha ancora visto con buona probabilità ne conosce almeno in parte l’essenza. Sa che Jacques Audiard è riuscito a rendere un’opera lirica in 4 atti un musical drammatico come pochi. Sa che parla di temi oggi più che mai di rilievo. E conosce l’incipit di una trama che ormai non è più una sorpresa. Il boss messicano Manitas Del Monte chiede a Rita Mora Castro, avvocata con un lavoro poco remunerativo in uno studio legale con più interesse nei soldi dei clienti che nella ricerca di giustizia e verità, di aiutarlo a sottoporsi a un intervento di riassegnazione del genere. Rita accetta prima ancora di sapere di cosa si tratti – perché ascoltare è già accettare – e si ritrova ad aiutare Manitas in questa sua richiesta e a fingere la sua morte. Solo così Manitas può finalmente dare spazio a Emilia, Emilia Pérez.

Ma chi è davvero Emilia? Dove finisce Manitas e dove inizia lei? Quanto della maschera che ha dovuto portare sul volto per una vita intera le è rimasto per sempre attaccato al viso? Sono domande che mi sono ritrovata a pormi più di una volta durante la visione del film, ma altrettante volte non sono riuscita a darmi risposte univoche. Emilia lo racconta prima di potersi riconoscere allo specchio come tale: è stata costretta a essere Manitas, a essere il più forte, il più cattivo, il più violento. Eppure, una volta messo a morte l’uomo che non si è mai sentita, Emilia conserva una buona parte di una forza bruta e di un egoismo che a sua detta non sentiva suoi, e che dimostra proprio con il più grande soggetto del suo amore.

Certo, Emilia non è solo questo.

È una donna che si preoccupa per gli altri, che vuole fare del bene un po’ anche per compensare tutto il male che è consapevole di aver inflitto. È una donna che vuole essere se stessa, amare ed essere amata, recuperare la propria identità e mostrarla al mondo. Una donna che in più di un’occasione ci pone davanti al bivio esistenziale tra chi siamo e chi vogliamo essere, tra come il mondo ci percepisce e come invece vorremmo essere percepit*. Emilia Pérez è una storia di identità, quella di una persona e quella di un’intera società che non soltanto deve affrontare i propri demoni – nel caso specifico, una dilagante corruzione e una criminalità che non ha rispetto alcuno della dignità delle persone che uccide – ma continua a navigarci dentro anche quando prova a cambiare.

Il punto però è che mi è sembrato un bivio senza soluzione. Un bivio davanti al quale io, come spettatrice, sono rimasta ferma. Sono ancora qui e mi sto ancora ponendo le stesse domande. La donna che Emilia ha sempre voluto essere è davvero quella che è poi stata? È davvero così difficile tagliare i ponti con una vita che non si voleva? In un musical assolutamente sui generis che scena dopo scena, canzone dopo canzone, rende sempre più stratificata una situazione che non è semplice neanche nella scena 1, sembra che una vera soluzione non possa esserci. O per lo meno, io non l’ho trovata.

La verità è che sono passati ormai un po’ di giorni da quando ho guardato Emilia Pérez.

Questa recensione che poi recensione non è – perché a Billy le recensioni nel senso più basilare del termine proprio non piacciono – non è il risultato di un gesto istintivo ma il frutto di una riflessione che mi ha lasciata più perplessa che convinta. Sono passati un po’ di giorni e io ancora non sono riuscita a capire se Emilia Pérez mi sia piaciuto oppure no, se mi abbia lasciato qualcosa o se tra due, tre, sei mesi la trama sarà già scivolata via dalla mia memoria. Forse sono io che non sono riuscita a capirlo pienamente.

Ma una cosa è certa: questo film una riflessione la scatena. E se per qualcun* si tratta di una riflessione sull’identità e sulla differenza che spesso intercorre tra chi siamo e chi vogliamo essere, per qualcun altro è invece una riflessione sulla rappresentazione di chi siamo, sia questa giusta o meno, stereotipata o meno. E allora ben venga Emilia Pérez e ben vengano i premi e anche i giudizi negativi. Riflettere forse è, oggi più che mai, una cosa di cui abbiamo proprio bisogno.

logo

Related posts

Tornare a vedere: Avatar 3D di James Cameron, tredici anni dopo in sala.

Tornare a vedere: Avatar 3D di James Cameron, tredici anni dopo in sala.

Qualche giorno dopo essere tornato in sala a rivedere Avatar in 3D mi è capitato di trovarmi in sala a rivedere un’altro film ben diverso, più “vecchio” di quello di James Cameron di almeno una decina di anni e mi riferisco a eXistenZ di David Cronenberg, proiettato alla Cineteca di Bologna in...

Il signore delle formiche

Il signore delle formiche

Il Signore delle formiche si ispira a una delle più svilenti e retrograde storie del passato della politica italiana, quando ancora a decidere della vita privata dei cittadini erano lo Stato, la famiglia, intesa come istituzione, e la religione. È il 1965 quando, privato della libertà di...