After the bridge

After the bridge

Il 3 giugno 2017 a Londra avvenne un attentato terroristico che comportò la morte di 8 persone e 48 feriti: tre uomini a bordo di un furgone investirono dei passanti su London Bridge per poi, una volta scesi, accoltellarne altri nella zona vicina. Tutti e tre vennero uccisi dalla polizia a colpi di pistola. Il più giovane dei tre attentatori, Youssef Zaghba, era un ragazzo italo-marocchino di 22 anni la cui madre è di nazionalità italiana. Proprio su quest’ultima, Valeria Collina, si concentra il documentario di Davide Rizzo e Marzia Toscano.

Valeria è una donna italiana convertitasi all’Islam dopo aver sposato un musulmano ma che, passati molti anni in Marocco, decise di tornare in Italia. Dopo pochi anni dal suo rientro la sua vita venne sconvolta dalla vicenda del figlio Youssef che la portò a essere oggetto di interviste di giornalisti provenienti da tutto il mondo.

L’opera – cominciata un anno dopo la vicenda e girata tra il 2018 e il 2021 nei colli bolognesi, e in parte a Londra e a Fès (Marocco) – ha un’impostazione che non è quella di una classica intervista, come vediamo fin dall’inizio con il monologo teatrale di Valeria in cui ricorda la decisione di andare a vivere in Marocco e le scelte che ciò ha comportato. Lo spettatore si ritrova a seguire Valeria tra i suoi ricordi del passato intervallati a momenti della sua vita quotidiana, il suo amore per il teatro e il rapporto con la comunità musulmana. Rizzo e Toscano lasciano libera la loro protagonista di muoversi tra i suoi ricordi senza uno schema preciso, cronologico, quasi fossimo dentro una serie di flussi di coscienza.

Dentro questi ricordi che a volte sono «improvvisi e fanno male» vediamo una madre fare i conti con se stessa e con il proprio figlio, chiedendosi il ruolo che ha avuto perché quest’ultimo arrivasse a compiere un atto così estremo, il tentativo di arrivare a un perdono, a un senso di riconciliazione.

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