Sconosciuti puri

Sconosciuti puri

Sconosciuti Puri è un prodotto audiovisivo che si inserisce in un contesto culturale dominato da discussioni sulla corporeità e l’identità, ma lo fa da una prospettiva umanitaria e raffinata. Diretto da Valentina Cicogna e Mattia Colombo, il documentario segue la dottoressa Cristina Cattaneo nel suo lavoro al LABANOF (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense) di Milano, dove tenta di restituire un’identità ai corpi senza nome, spesso migranti o persone ai margini della società. Non è solo una questione di scienza forense: qui, l’interrogativo centrale è cosa significhi dare dignità a chi è stato dimenticato. Gli «Sconosciuti puri» del titolo sono quindi persone senza storia, corpi che la società ha scelto di ignorare anche nella morte.

Nel panorama culturale contemporaneo, come sappiamo, il corpo è sempre più oggetto di contesa ideologica. Da un lato, movimenti come quello pro-life pongono l’accento sui diritti del corpo non nato; dall’altro, le politiche identitarie sottolineano l’importanza della corporeità nel processo di auto-identificazione. Eppure, questo film si concentra su quei corpi che non rientrano in nessuna di queste narrative. Sono corpi dimenticati, che non ricevono né attenzione né protezione da alcun movimento nello spettro politico. Questo divario è ciò che rende il documentario un’opera potente e controcorrente.

Ciò che distingue Sconosciuti Puri è, infatti, la sua capacità di porre al centro la fragilità dell’identità, mostrandoci quanto sia facilmente trascurata quando la vita finisce in circostanze di migrazione o marginalizzazione. Cattaneo e il suo team ridanno umanità a questi corpi, rivendicando per loro, ma anche e soprattutto per i loro familiari, un diritto all’identità e alla memoria che va oltre le dinamiche politiche e ideologiche attuali. Qui, il riconoscimento non è solo un diritto dei vivi, ma anche un dovere nei confronti dei morti. È una riflessione universale sul valore intrinseco di ogni essere umano, a prescindere dalla storia personale o dalle circostanze della sua morte.

L’aspetto visivo e narrativo del documentario lo rende quasi simile a un noir a tratti. Milano, silenziosa e cupa, diventa lo sfondo di un’indagine che potrebbe sembrare l’inizio di una serie true crime.
Cattaneo, con il suo rigore e la sua attenzione, si reca a identificare un corpo, evocando l’atmosfera tipica di una detective story. Ma Sconosciuti Puri si distanzia radicalmente dall’attuale ossessione culturale per il true crime, che si concentra in modo voyeuristico e cannibale sui dettagli macabri e sui corpi di alcune vittime elette post mortem a celebrità. Invece di consumare mediaticamente questi cadaveri, il film adotta una prospettiva di rispetto, rifiutando di spettacolarizzare la morte pur essendone pervaso. 

Un altro elemento fondamentale del documentario è la centralità della figura di Cristina Cattaneo, non solo come scienziata, ma come protagonista emotiva. Non è il cadavere il centro della scena, ma la sua quotidianità: dalle lezioni che tiene all’università, alle email inviate alle istituzioni, fino all’estenuante lavoro di identificazione dei corpi. Ogni gesto di Cattaneo, ogni frammento della sua vita, diventa un pezzo del puzzle della sua battaglia. Tuttavia, non sempre il documentario riesce a svelare chi è davvero Cristina. A volte, dietro i suoi occhi blu ghiaccio, sembra esserci una figura inafferrabile, intrappolata in un limbo emotivo simile a quello vissuto dai familiari delle vittime. Lei stessa sembra vivere in quello stato di “perdita ambigua” che affrontano quotidianamente, ma che per lei si moltiplica per i tanti corpi ancora senza nome.

Tuttavia, Cicogna e Colombo scelgono un approccio delicato, lavorando per sottrazione. L’obiettivo non è fornire risposte o creare un ritratto esaustivo di Cristina Cattaneo, ma seguire il filo della sua missione. L’uso del linguaggio cinematografico, con lunghi silenzi, dettagli che emergono lentamente, e un montaggio che privilegia l’osservazione più che l’azione, contribuisce a rendere il documentario un viaggio riflessivo. Questa scelta consente di immergere lo spettatore in uno spazio etico e umano in cui c’è un profondo rispetto per il lavoro della dottoressa e per le vite di cui si occupa. Il risultato è un documentario che si rifiuta di spettacolarizzare la sofferenza, ma che invita a riflettere sulla dignità di coloro che non hanno più voce.

In un’epoca in cui il corpo viene politicizzato e ridotto a simbolo di battaglie ideologiche, Sconosciuti Puri ci ricorda quindi che ogni corpo ha una storia umana che merita di essere riconosciuta e rispettata. Il documentario va oltre il dibattito culturale, offrendoci una riflessione sul valore della vita e della memoria, anche quando tutto sembra perduto.

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