Povere creature!
Regia 4
Soggetto e sceneggiatura 4
Fotografia 4
Cast 4
Colonna sonora 4

Dopo tre vittorie consecutive di registe donne (Chloe Zao – Nomadland nel 2020, Audrey Diwan – La scelta di Anne nel 2021 e Laura Poitras – Tutta la bellezza e il dolore nel 2022) il Leone d’Oro torna maschile con il successo di Yorgos Lanthimos e del suo Povere creature!, un vero e proprio film ..

Summary 4.0 favoloso

Povere creature!

Dopo tre vittorie consecutive di registe donne (Chloe Zao – Nomadland nel 2020, Audrey Diwan – La scelta di Anne nel 2021 e Laura Poitras – Tutta la bellezza e il dolore nel 2022) il Leone d’Oro torna maschile con il successo di Yorgos Lanthimos e del suo Povere creature!, un vero e proprio film di enpowerment femminile che da questo punto di vista segna una continuità con le opere premiate delle sue colleghe che vedono forti donne protagoniste e al centro della scena.

Povere creature! – tratto dal romanzo di Alasdar Gray – è la storia di Bella Baxter (interpretata da una strepitosa Emma Stone alla sua – al momento – migliore performance della carriera) una donna incinta suicida riportata in vita, grazie all’utilizzo di scariche elettriche, dallo scienziato Godwin (William Dafoe) che prima di agire le asporta il cervello adulto sostituendolo con quello del feto che porta in grembo. Bella risulta così una sorta di bambina in un corpo adulto ed è la più preziosa delle tante bizzarre creature che vivono nella casa della scienziato. Col tempo comincia un po’ a camminare, a parlare, a scoprire la sessualità attraverso l’autoerotismo e a voler conoscere il mondo di cui legge nei libri. Vincendo la resistenza di suo “padre” Godwin, che vorrebbe tenerla con sé, parte con l’avvocato Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo) per un viaggio che le permette di vedere il mondo, sperimentare i piaceri del sesso, imbattersi nella crudeltà umana: tutte esperienze che la rendono sempre più consapevole del proprio ruolo, delle proprie forze e capacità e del proprio potere, arrivando così ad affermarsi nella società.

Il regista Yorgos Lanthimos ha dichiarato che ha lavorato anni per far accettare e apprezzare un’opera di questo tipo, il suo è un percorso che l’ha visto partire dall’arthouse della Grecia arrivando qui a un surrealismo “commerciale” stile The Elephant Man (1980) e presentandoci in questa sua ultima fatica un’opera che alla base è un classico (in senso positivo) film di formazione in cui la nostra eroina si muove per il mondo come una novella Candide, un mondo però che non è quello del romanzo di Voltaire, ma uno alternativo fortemente steampunk (con rimandi a La macchina del tempo di H. G. Wells) costituito da località dal nome reale, ma totalmente fantascientifiche nella loro forma, popolato da strane creature, macchinari e personaggi grotteschi e imperniato su una predominante mentalità maschilista che Bella si trova a fronteggiare.

Bella infatti risulta essere oggetto del desiderio degli uomini a partire dal padre/padrone Godwin e dal suo assistente, nonché promesso sposo, Max (Ramy Youssef) che la vogliono tenere segregata in casa impendendole di fare esperienze, così a loro si ribella seguendo l’esempio del suo archetipo, la creatura del Frankenstein. Allo stesso modo, da puro oggetto sessuale di Duncan Wedderburn, riesce a rendere il suo ruolo sempre più forte facendo sì che l’avvocato sia completamente incapace di separasi da lei per poi scaricarlo. Infine è sempre un uomo, invidioso della sua ingenuità e purezza, a mostrarle la crudeltà presente nel mondo, un’esperienza che segna Bella pesantemente perché è da allora che comincia a diventare più cinica, calcolatrice, dura, ma contemporaneamente più matura e consapevole della natura umana.

Un percorso di formazione, quello di Bella, simboleggiato anche dalla fotografia del film, con una prima parte girata in bianco e nero ﹣ a rimarcare le difficoltà iniziali e la sua condizione quasi di “prigioniera” ﹣ con il successivo subentrare del colore nel momento in cui si apre al mondo e fa esperienze, a cui si accompagna una sempre maggiore consapevolezza del suo corpo e dell’usarlo come ritiene opportuno (al punto che il film di Lanthimos può essere quasi considerato il sequel dark di Barbie di Greta Gerwig da questo punto di vista) oltre a uno sviluppo dell’eloquio.

Come la creatura nel Frankenstein è mostruosa perché rappresenta la paura della rivoluzione popolare, così Bella è “mostruosa” perché va a minacciare e sovvertire un mondo maschilista nelle sue regole, convenzioni e mentalità come quello odierno, ma il finale dell’opera ci fornisce un importante e forse malizioso spunto di riflessione, perché la “rivoluzione” di Bella si ferma lì. La sua scalata la porta a ereditare la fortuna e anche a proseguire gli studi scientifici di Godwin, ma questo non coincide anche con un cambiamento dello status quo. La “creatura”/il “mostro” diventa dunque creatore come il suo predecessore – perché anche Godwin è stato prima una creatura continuamente oggetto degli esperimenti del padre che poi lui stesso ha continuato – proseguendo un modello già esistente e impostato senza modificarlo o romperlo, in sostanza anche Bella diviene parte del sistema prima combattuto. Ecco che allora la giusta lotta politica di emancipazione femminile di Bella Baxter sembra avere un limite perché – come scrive Federica D’Alessio su Micromega – «il potere ha sempre un lato sinistro, e anche nel caso di Bella sarà così. Acquisire coscienza, potere, piena capacità di azione significherà per lei ripercorrere le orme che l’hanno vista nascere e crescere, tornando all’origine, alla casa del suo padre-creatore Godwin, assumendone il ruolo.»

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