All the Beauty and the Bloodshed – Tutta la bellezza e il dolore

All the Beauty and the Bloodshed – Tutta la bellezza e il dolore

Con un’introduzione di Caterina Bogno di FilmTv, un riflessione su All The Beauty and The Bloodshed.

Introduzione di Caterina Bogno

Fotografa e attivista, attivista e fotografa, nel corso della sua decennale carriera Nan Goldin ha allestito un corpus di scatti peculiare e dirompente: migliaia di ritratti, privati e politici insieme, di se stessa e dei propri amici – drag queen, omosessuali, tossicodipendenti, dropout variamente in fuga dall’America più bigotta e repressiva – nella New York di metà anni 80, tra l’esplosione festosa delle controculture urbane, lo spettro dell’AIDS, la successiva crisi degli oppioidi.

Slideshow dopo slideshow, si è ritagliata uno spazio preminente nei principali musei del mondo, e proprio da lì – dai piani alti delle prestigiose gallerie che espongono le sue opere – ha avviato una serie di azioni insieme al gruppo P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now) per portare alla luce il vero volto della milionaria famiglia Sackler, celebrata in ambito artistico come esempio illustre di mecenatismo ma in verità responsabile della morte di mezzo milione di cittadini americani attraverso la commercializzazione dell’OxyContin, un antidolorifico assuefacente venduto a lungo senza prescrizione, da cui Goldin stessa è stata dipendente.

Premiato nel 2022 con il Leone d’oro (il secondo assegnato a un documentario nella storia della Mostra di Venezia, dopo Sacro GRA di Francesco Rosi), Tutta la bellezza e il dolore di Laura Poitras prende le mosse dall’impegno di Nan Goldin per ripercorrere attraverso di esso la vita e l’opera della fotografa, fondendo senza soluzione di continuità le riprese delle manifestazioni con gli  estratti degli slideshow e le registrazioni delle disarmanti conversazioni con cui Goldin – che negozia e costruisce da sé la propria narrazione – si confessa alla regista Laura Poitras: un prisma solo in apparenza addomesticato, capace di svelare una faccia nuova a ogni visione. 

L’intimità di All the beauty and the bloodshed di Stefano Bolzoni

Che il documentario stia vivendo un momento di grande popolarità lo testimonia la ricca selezione di docuserie presente sulle piattaforme streaming; e ancora di più, come ha ricordato Matteo Lolletti, ne sono la prova i riconoscimenti, prima quasi esclusivamente riservati a prodotti di fiction, che il documentario riceve nei maggiori festival internazionali.

Se da una parte questo comporta una compromissione nella forma, ormai ripetitiva e prevedibile, dei documentari di tipo narrativo – e mi spiego, massificazione e standardizzazione del genere rendono i prodotti molto simili tra loro arrivando al paradosso di poter realizzare un documentario su qualsiasi cosa – tuttavia esistono casi che non scendono al compromesso. Tra loro compare senza dubbio All the Beauty and the Bloodshed. Poitras ci ha abituato a un documentario estetico, lento, spiazzante nella capacità di selezionare immagini statiche in grado di conferire drammaticità alla scena. Lo si vede con chiarezza in Citizenfour, vincitore dell’Oscar al miglior documentario nel 2015, con la caratterizzazione di Edward Snowden immerso nella solitudine di un hotel asettico, sul letto e in bagno, con l’inquadratura del movimento geometrico delle luci di una galleria urbana mentre queste scorrono accompagnandoci verso la fine del film. Questa consapevolezza formale – preziosa nel panorama del documentario di consumo con i suoi insopportabili cavalletti fermi, le teste parlanti, la fotografia giallastra e i maldestri innesti di fiction – si mischia ad alti intenti: diritti civili, libertà di parola, ragion di stato, dilemmi dei sistemi securitari in cui ci siamo ritrovati a vivere per garantire le nostre libertà. Documentari che – nel loro essere rappresentazioni di storie, volti e scelte – diventano atti politici. 

All the Beauty and the Bloodshed ha tutto questo, e qualcosa di più: l’intimità. È sempre difficile trattare di problemi come le dipendenze, l’arte e l’impegno civile senza scadere nella più becera banalità. Ma Tutta la bellezza e il dolore riesce nell’intento, grazie a due fattori: per prima cosa, Poitras parla della vita e della carriera e la vita, inesorabilmente parallele, di un’artista storica, rendendole pretesto per trattare di lotte sociali storiche e in atto; inoltre, la grazia e la signorilità di Goldin mentre racconta i momenti più difficili della sua vita, partendo dal rapporto e dalle vicende personali della sorella, trasformano il documentario in una gentile confessione di fatti privati in grado di smuovere l’intera società civile.

In tutta la sua bellezza e il suo dolore, All The Beauty and the Bloodshed ti costringe a fermarti, riflettere, porti domande sulle storture della realtà, confrontarti con i tempi che corrono e cambiano. E fa la cosa più importante per un film: ti commuove. 

Che poi, alla fine, è l’unico metro di giudizio che conta davvero. 

Caterina ed io avremo modo di dialogare sul film domenica 21 maggio dopo la proiezione del documentario all’EXATR di Forlì in occasione dell’ultima serata della rassegna Meet The Docs! Forlì Film Fest.

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