Aftersun – La creazione dei ricordi
Regia 4
Soggetto e sceneggiatura 4
Fotografia 4
Cast 4
Colonna sonora 4

– Il ricordo mente, rende belle cose che non lo erano perché la vita altrimenti sarebbe insostenibile. – Secondo me no, secondo me non è il ricordo che abbellisce le cose. Magari erano belle già prima e magari uno se ne rende conto a distanza di tempo perché non stava attento.  (“Ricordi?”. Diretto da Valerio ..

Summary 4.0 favoloso

Aftersun – La creazione dei ricordi

– Il ricordo mente, rende belle cose che non lo erano perché la vita altrimenti sarebbe insostenibile.

– Secondo me no, secondo me non è il ricordo che abbellisce le cose. Magari erano belle già prima e magari uno se ne rende conto a distanza di tempo perché non stava attento.

 (“Ricordi?”. Diretto da Valerio Mieli. 2018)

Ricordare è un atto creativo. 

Siamo abituatə a pensare alla memoria come a una qualche scatola nel nostro cervello in cui sono racchiusi momenti e tappe della nostra vita. Non ne mettiamo sempre in discussione la provenienza, solo ogni tanto ci accorgiamo che i ricordi sono sfocati, bagnati dalle lacrime, distorti. 

I ricordi, in realtà, sono un atto creativo. Assumono un significato diverso quando andiamo a cercarli (o a crearli) nella nostra disperata e infinita ricerca per dare un senso a tutto. 

I ricordi sono, quindi, una bugia che inventiamo per rincorrere il tempo, per avere l’effimera sensazione di poterlo bloccare, per impedirgli di disperdere inutilmente il nostro amore. Proprio come la Sophie trentenne di Aftersun che riguarda le vecchie videocassette di una vacanza in Turchia col suo papà e cerca di ricostruire quello che, probabilmente, è l’ultimo momento in cui il padre è stato presente nella sua vita, il momento prima di perderlo. Più che cercare un senso, Sophie cerca un modo di ribellarsi a tutto quell’amore andato perduto solo perché il tempo non era quello giusto. 

I ricordi vissuti e (creati) a posteriori, sono un balsamo per lo spirito, come il doposole lo è per la pelle dopo le bruciature. I ricordi sono bugiardi, ingannevoli e fondamentali. 

Le videocamere e i telefoni regalano la finta sicurezza di sconfiggere il tempo, di poterlo fermare e rivivere, dando contemporaneamente l’illusoria garanzia di aver vissuto. Ma i video e i film non sono precisi. Le cassette di Aftersun sono piene di glitch, si deteriorano e, come la memoria, sono inattendibili. È la Sophie unidecenne con la sua telecamera (mentale e reale) ad aver catturato quelle immagini o è la Sophie trentenne che, riguardandole, le crea? 

Aftersun parla del tentativo fallimentare di dare al tempo e allo spazio la stessa forma del nostro amore, di catturare quello che erano le persone che abbiamo amato nel momento in cui le amavamo. Ed è l’amara constatazione di non avere altro che quelle piccole bugie che ci siamo create, quei ricordi, da mettere insieme per dare un senso al puzzle.

Non sappiamo se si tratta dell’ultima vacanza di un uomo, dell’ultima volta in cui una figlia vede suo padre o se stiamo vedendo il momento esatto in cui le loro vite si sono divise.

Tutto questo però non è importante. Quello che arriva è il senso di rabbia e impotenza che tuttə proveremo sempre di fronte all’impossibilità di amare abbastanza o abbastanza a lungo le persone care.

E tutto quello che resta a Sophie è l’immagine di un padre che indosserà per sempre la camicia dell’ultimo giorno in cui l’ha visto e che ballerà sempre come l’ultima volta in cui hanno ballato insieme o come l’ultima volta in cui si sono sentiti vicini e felici insieme. Tutto quello che resta sono quei ricordi di felicità e nostalgia, quelle piccole bugie necessarie per comporre un’autobiografia. Rimangono ricordi di giorni perfetti e luoghi incontaminati (quel “perfect place” che viene volutamente non inquadrato per intero), che forse perfetti non erano. Rimane quella sensazione che sente la piccola Sophie di quando vivi una “giornata bellissima e torni a casa e ti senti giù. Ti senti stanco, come se le ossa non funzionassero. Hai le ossa stanche e tutto è stanco, come se stessi sprofondando!”

E alla fine il papà di Sophie sparisce in quella stanza buia, in cui Sophie lo mette, in cui le immagini arrivano come flash, in quella stanza dove chi non c’è più, chi c’è ancora e chi non è più quello che era, si mescolano e ballano insieme e verrano ripescati e saranno protagonistə di storie leggermente diverse ogni volta, e saranno ricreati e cambiati ogni volta.

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