Altri mondi

Altri mondi

Il cinema nella sua fase embrionale nasce come una speculazione del reale in cui, a causa di un nuovo linguaggio ancora tutto da codificare, l’illusione scenica era limitata alla novità del mezzo o a qualche semplice stacco di montaggio. Le sue evoluzioni, sia tecnologiche che linguistiche, sono sempre state improntate a celare la sua natura finzionale in modo che l’esperienza dello spettatore davanti allo schermo fosse il più possibile immersiva.

Il conseguente sviluppo dell’industria cinematografica, a partire dagli anni venti del secolo scorso, ha reso il cinema il prodotto di intrattenimento più popolare al mondo, se si escludono tutte quelle correnti di avanguardia che nacquero in Europa (soprattutto in Germania e Russia). Il cinema (inteso come mezzo espressivo, ma anche come luogo fisico) si trasforma, dunque, in uno spazio potenziale di evasione, di ricerca di alterità rispetto al quotidiano attraverso le vite e le storie di altre persone, attraverso quell’aspetto ludico e ricreativo di cui il cinema è da sempre intriso creando, come scriveva Winnicot, «una sospensione del giudizio di verità sul mondo, una tregua dal faticoso e doloroso processo di distinzione tra sé, i propri desideri, e la realtà e le sue frustrazioni».

L’esperienza cinematografica assurge a “luogo transizionale” nel cui spazio si crea l’esperienza dell’illusione attraverso l’identificazione e la ricerca di un mondo distante dal reale e dal quotidiano. Ma per la sua natura ingannevole il cinema ci illude di poter vivere un’esperienza di distacco e di lontananza dal reale immergendoci in un mondo contraffatto e fasullo, mentre Morin ci ricorda che «il cinema, come ogni figurazione (pittura, disegno), è un’immagine di immagine […] Proprio perché rappresentazione di rappresentazione viva, il cinema ci chiama a riflettere sull’immaginario della realtà e sulla realtà dell’immaginario».

In questo numero di BILLY ci dedicheremo alla scoperta di altri mondi, alla necessità che ha l’uomo di esplorarli e quindi anche di come i personaggi e le storie interpretano il nostro desiderio e ci rivelano il nostro personale perché, se crediamo di evadere dalla realtà attraverso uno schermo, il cinema, con il suo portato analogico, simbolico e mitologico, non fa altro che creare «uno spazio potenziale tra individuo e ambiente che permette all’uomo di sviluppare un’autonomia riflessiva cogliendo la libera opportunità che ognuno di noi ha di dare un nuovo e personale senso alle proprie esperienze e al mondo» dando allo spettatore l’illusione di abitare un altro universo, ma in realtà mettendolo a contatto con il nucleo più profondo del proprio sé

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