Il signore delle formiche
Il Signore delle formiche si ispira a una delle più svilenti e retrograde storie del passato della politica italiana, quando ancora a decidere della vita privata dei cittadini erano lo Stato, la famiglia, intesa come istituzione, e la religione.
È il 1965 quando, privato della libertà di amare per mano di queste istituzioni, Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio) intellettuale emiliano, partigiano e militante del partito comunista è accusato di aver plagiato il giovane studente Ettore (Leonardo Maltese), col quale intrattiene una relazione sentimentale. Sì, plagiato. In Italia, a quel tempo, era ancora in vigore l’articolo 603 del codice penale istituito durante il fascismo che regolamentava il reato di plagio. Un articolo che cela in realtà la possibilità di condannare le idee contrarie a quelle che secondo lo Stato sono legge. Come, appunto, la condanna di un amore omosessuale.
I due uomini sono innamorati e decidono di trasferirsi a Roma cercando di vivere liberamente il proprio amore. A mettersi in mezzo è la famiglia di Ettore, convinta sia soggiogato dal fascino intellettuale dell’uomo. Seguirà, infatti, un allontanamento forzato del ragazzo dal suo compagno, che successivamente è rinchiuso in un manicomio dove è sottoposto a elettroshock.
Anche questo mostra quanto la politica non giustamente regolamentata privi i cittadini della propria salute mentale, prima dell’entrata in vigore della Legge Basaglia. Aldo Braibanti subisce un processo e viene condannato a nove anni di carcere, ne sconterà solo due grazie ai meriti che gli vengono riconosciuti per essere stato un partigiano della Resistenza italiana.
Il Signore delle formiche tocca varie tematiche importanti, il problema però è che non le approfondisce davvero. Alcune sono appena sfiorate, come le lotte all’articolo 603, la religione bigotta che ha ripercussioni sulle libertà individuali e sul modo di vivere in società.
La percezione che ho avuto è stata quella di un film che vuole districare questi argomenti e lo fa servendosi di alcuni personaggi che arrivano all’improvviso. Si finisce così a incasellare queste sotto trame in singole personalità senza dare un ulteriore sviluppo.
È inserita, così, la presenza di un giornalista (Elio Germano) che lotta per la scarcerazione di Braibanti: lui è il simbolo di una stampa libera.
Al suo fianco vi è la cugina Graziella (Sara Serraiocco) che diventa il simbolo delle lotte giovanili, ma al di là di questi personaggi secondari non vi è una narrazione approfondita delle tematiche che incarnano.
Si incasellano in blocchi non narrati che, invece, a mio avviso avrebbero avuto un grande potenziale per essere raccontati. Il film mescola in un pentolone tutti i dilemmi di un Paese retrogrado lasciandoli, però, in sospeso.
Tuttavia, Gianni Amelio ha sicuramente il merito di riportare alla memoria una storia poco raccontata e che probabilmente le generazioni nate dopo l’accaduto non conoscono. Lo fa in un periodo in cui ancora i diritti civili delle coppie omosessuali sono oggetto dei programmi politici e proporre questo film da un lato sensibilizza, ma dall’altro mostra quanto poco le cose siano progredite, suscitando non poca rabbia.
Allora è giusto chiedersi chi fossero i veri plagiati, nel senso letterale del termine. Chi non ha potuto vivere il proprio amore in maniera libera o, invece, un Paese intero soggiogato dai pensieri fascista e cattolico?
Due pensieri che impediscono a due persone di essere libere nella loro vita privata, e che vedono la famiglia come un’istituzione da proteggere che non può essere sconvolta da un amore non compreso dallo Stato e dalla Chiesa. Sì, perché non sono Braibanti ed Ettore a sbagliare, ma quella legge becera che è applicata dai tribunali italiani e nella quale i cittadini credono.
Alla fin fine è questo che più del film colpisce, la capacità che ha di portare lo spettatore alla riflessione su problematiche che sembrano lontane nel tempo, ma non sono mai state così attuali. Il signore delle formiche nel suo complesso emoziona e suscita un senso di agitazione interna che coinvolge emotivamente lo spettatore.