Appunti emotivi su Sunglasses dei Black Country, New Road
Nan Goldin sostiene che «fotografare è un modo per toccare gli esseri umani, è carezza. Dà la possibilità alle persone di avere accesso alla propria anima» (Nan Goldin, Couples and Loneliness (ed. Korinsha Pr, 1998).
Allora una carrellata di foto, con protagonistə e luoghi a noi sconosciuti, diventa catalogo di momenti ed emozioni; occasione per scoprire verità nascoste interpretate dall’occhio di chi guarda. Se alle immagini si aggiunge il suono di una canzone, quei momenti, immortalati in una staticità solo apparente, prendono vita e diventano ancora più familiari, in uno strano processo di riconoscimento e immedesimazione che spesso tocca nervi scoperti, tremende nostalgie, stati d’animo fino ad allora ignorati o, peggio ancora, repressi. Questa commistione di suoni e fotografia è alla base del video che ha reso Black Country, New Road una delle realtà più stimate della nuova ondata di musica indipendente britannica.
Per mesi ho cercato di dare un senso a questo video. Il caos apparente scatenava in me una sensazione di inadeguatezza così forte da provare un insostenibile malessere fisico. Dovevo capire perché.
Il video di Sunglasses – canzone tratta dal primo album del gruppo “For the first time” (Ninja Tune, 2021) e uno dei soli quattro video ufficiali del gruppo – è una striscia continua di scatti. Nove minuti di viaggio audiovisivo in cui i versi della canzone e le sue sonorità – debitrici del post-rock nostalgico degli Slint – si uniscono alle fotografie, creando una spirale di momenti e situazioni.
Una soggettiva sfocata da dietro un trombone, che immortala una banda intenta a suonare su un campo da football; un giovane che cammina su una fune tirata da un albero a un altro, in un parco della città; una seduta di laurea; qualcuno pesca, da solo; feste in casa e giovani svenuti sul pavimento; due innamorati che sorridono in auto, lei appoggiata delicatamente alla spalla di lui. Situazioni e contesti lontani tra loro vengono accompagnati dalla musica dei Black Country, New Road e dalle parole di Isaac Wood, ex cantante, chitarrista e paroliere del gruppo.
La prima parte del testo sembra quasi ripetere l’apparente trucco adottato per le immagini: un vero e proprio soggetto cinematografico cantato, formato da una serie di scene all’apparenza autonome tra loro.
Welcome to the best new six-part Danish crime drama
She steams herself in marble rooms, courtesy of Big Pharma
I lose myself in the light of the TV, courtesy of her father
(Benvenuti nella nuova e migliore serie poliziesca danese in sei puntate
Lei evapora in stanze di marmo, cortesia di Big Pharma
Mi sono perso nella luce della televisione, cortesia di suo padre)
Ma più si avanza, più i pensieri si fanno nitidi:
And complain of mediocre theatre in the daytime
And ice in single malt whiskey at night
Of rising skirt hems and lowering IQs
And things just aren’t built like they used to be
The absolute pinnacle of British engineering
(E mi lamento del teatro mediocre di giorno
E del ghiaccio in un whiskey single malt di sera
Degli orli delle gonne che si alzano e i quozienti intellettivi che si abbassano
E le cose che non sono più costruite come una volta
L’assoluto pinnacolo dell’ingegneria Britannica)
Mentre il pezzo frana e le immagini aumentano, la chiave interpretativa sta nella ripetizione compulsiva di due concetti urlati con voce graffiata, quasi paradossali nella loro autocoscienza in opposizione al caos sonoro che li circonda:
I am so ignorant now
With all that I’ve learned
(Sono così ignorante ora
Con tutto quello che ho imparato)
I am more than adequate
(Sono più che adeguato)
L’illuminazione si manifesta nella seconda parte del video: la melodia si calma, per poi esplodere di nuovo; e i pensieri espressi nel testo ribollono in un eccesso schizofrenico: Sunglasses non è nient’altro che la folle cronaca di un esaurimento nervoso, fatto di immagini, parole e suoni proiettati a velocità ipersonica nel cervello. E mentre il pezzo deraglia, deraglio anche io.
Perché ho realizzato che tutte quelle immagini sono parte della mia memoria emotiva. Che le parole di Isaac Wood sono mie; che non mi rimane che lasciarmi andare alla spirale sonora, ed emozionale, di Sunglasses. E alla fine del video, quando ritorna la soggettiva da dietro il trombone proposta in apertura, capisco: sono io che lo suono; cammino su una fune, da un albero all’altro; mi laureo, pesco da solo; guardo due amici svenuti a una festa; ho quella ragazza affianco, appoggiata delicatamente alla mia spalla. E che sia realtà o suggestione, che questi messaggi siano veicolati più o meno consapevolmente, nulla ha più importanza. Perché la cosa veramente rilevante è che i Black Country, New Road mi stanno suggerendo le variabili indipendenti e dipendenti di un esaurimento nervoso incontrollabile. Mi stanno spiegando come entrare nella disperazione e come, alla fine di tutto, venirne fuori.
Isaac lo canta in Sunglasses: «Su un muro di fotografie». Su un muro di fotografie, in un mondo di immagini, «fotografare è un modo per toccare gli esseri umani, è carezza. Da alle persone la possibilità di avere accesso alla propria anima»; da la possibilità di sentirsi umani, immergersi nel suono, nelle immagini e, finalmente, guarire.