Gli occhi di Tammy Faye
Regia 2
Soggetto e sceneggiatura 2
Fotografia 2
Cast 3
Colonna sonora 2

Il business di Dio, come lo chiamava Woody Allen. Un affare che influenza la politica, invade la televisione, si annida nella mente di più di 20 milioni di telespettatori. Tammy Faye e Jim Bakker hanno trasformato il Vecchio Testamento in intrattenimento e messo in bocca a delle marionette la parola del Signore. Cullando la nostalgia ..

Summary 2.2 normale

Gli occhi di Tammy Faye

Il business di Dio, come lo chiamava Woody Allen. Un affare che influenza la politica, invade la televisione, si annida nella mente di più di 20 milioni di telespettatori. Tammy Faye e Jim Bakker hanno trasformato il Vecchio Testamento in intrattenimento e messo in bocca a delle marionette la parola del Signore. Cullando la nostalgia per “i bei tempi andati” dell’americano (repubblicano) medio hanno ammassato nelle loro tasche cifre incredibili. Complessi residenziali, casa sull’oceano, gioielli, pellicce. Tutto offerto dai “consociati”, tutto pagato con le loro donazioni. Tutto per volontà di Dio.

Hanno persino costruito un parco divertimenti a tema cattolico, l’Heritage USA, che ha prosperato per 11 anni. Ogni buona timorata famiglia americana voleva trascorre lì le sue meritate vacanze.

Durante il loro Jim e Tammy Show, che portò alla nascita del PTL (“Praise The Lord”), il primo network completamente dedicato a trasmissioni approvate direttamente da nostro Signore, i coniugi Bakker avevano sempre facce maniacalmente sorridenti. Un solido matrimonio, due figli e un’inossidabile fede. Perfetti cattolici e perfetti americani. Ma accade che la fabbrica di denaro edificata sulle donazioni dei fedeli inizi ad attirare attenzioni e invidie. La morale dei coniugi Bekker è davvero così irreprensibile? La comunità cattolica americana può ancora giocare un ruolo essenziale nel sostenere la campagna politica di Reagan se quella Betty Boop dai capelli platino di Tammy Faye continua ad intervistare in diretta tv gay e malati di AIDS?

Si arriva così ad una valanga di scandali finanziari e sessuali che travolgono il devoto impero dei Bakker. I fedelissimi sposini d’America, senza un soldo, armati solo di fede e pupazzetti, sono partiti per diffondere il verbo di Dio. E terminano come due truffatori, che consumati dalla fiamma del successo usano le donazioni dei fedeli per l’acquisto di pellicce d’orso.

Il film scritto da Abe Sylvia e diretto da Michael Showalter (The Big Sick, 2017) ha un unico chiarissimo punto di vista: il titolo individua immediatamente a chi appartengano gli occhi da cui è filtrata la prospettiva degli eventi. A Tammy Faye (Jessica Chastain) appunto, coniuge del tele-predicatore Jim Bakker (Andrew Garfield). La prova dell’attrice di Sacramento è fisica e straziante: ogni muscolo del suo volto è animato dalla fede, dall’ambizione, dallo sconforto di una donna che insegue l’amore da una vita intera. Jessica Chastain, che merita senza dubbio la candidatura agli Oscar come miglior attrice protagonista, stupisce soprattutto per la voce. Per Tammy Faye non solo canta, ma ha imparato ad alzare la sua voce di un’ottava, per restituire l’originale tonalità da cartoon della televangelista d’America.

Eppure la pellicola si dimostra didascalica e poco coraggiosa, sia nella scrittura che nella messa in scena. La ricostruzione storica è precisa, costumi e scenografie impeccabili. Ma le dinamiche narrative non offrono alcuno spessore ad una storia che, al contrario, di interessantissime zone d’ombra è ricchissima.

A Gli occhi di Tammy Faye manca soprattutto la sfrontatezza di trasmettere la vera natura dei personaggi e la complessità della loro storia. I Bakker erano molte cose, per molte persone: pericolosi, provocatori, ridicoli, infelici, inappagabili. Questo film riesce a renderli soprattutto seccanti, monocorde.

Gli occhi di Tammy Faye si mantiene prudentemente a debita distanza da qualsivoglia riflessione sul potere del mezzo catodico o sulla progressiva dipendenza degli spettatori nei confronti della posticcia realtà creata per loro dentro gli schermi. Quello che sarebbe potuto essere un ottimo colpo per specchiare nel colorato vetro televisivo l’umano bisogno di credere e il bestiale desiderio di possedere, esigenze simultanee e talvolta coincidenti, non raggiunge nemmeno l’estremità del bersaglio.

Pochi spunti per riflettere e pochi approfondimenti sulla vicenda finanziaria e giudiziaria (non viene nemmeno pronunciata la parola “stupro” nell’accusa a Jim). Per non parlare del dramma di coppia, ridotto ai pianti di un bambino troppo cresciuto e fastidioso e all’obbedienza di una donna che investe di coraggio solo la telecamera che ha di fronte, disarmata invece tra le mura domestiche.

Nota positiva è l’idea che sorregge la costruzione del personaggio, ovvero i suoi caratteri di rivoluzionaria modernità: dall’orgogliosa ostentazione di un trucco troppo vistoso per una “donna timorata”, alla rivendicazione di un posto di rilievo in un ambiente di soli uomini. Tammy Faye è stata anche una delle prime ad aver pubblicamente sostenuto la comunità LGBTQ+ in piena epidemia AIDS.

Ridicolizzata per il trucco appariscente, sbeffeggiata per il buffo tono di voce, mai presa sul serio in quanto donna, Tammy Faye era una visionaria, una cantante di talento, una voce progressista che ha provato a liberare, e colorare, la moralità patriarcale cristiana legata al culto del sacrificio.

Gli occhi di Tammy Faye è una storia fatta di milioni di fedeli disposti a finanziare personalissimi filantropici interessi e di un’emittente di tele predicatori che arrivò a fatturare 120 milioni di dollari l’anno. Fondamentalismo capitalista e caritatevole imprenditorialità biblica. Il sogno americano termina in disgrazia, in quello che viene ricordato come l’evagelist-gate. Ma questo film è anche, e soprattutto, la storia di una donna di cui l’America si è disinnamorata troppo in fretta.

logo

Related posts

Moonrise Kingdom. Una fuga d’amore

Moonrise Kingdom. Una fuga d’amore

Moonrise Kingdom, USA, 2012, Wes Anderson (R.), Wes Anderson e Roman Coppola (Sc.) Wes Anderson si può amare od odiare, ma una cosa certamente gli va riconosciuta: è dannatamente elegante. Nella costruzione del quadro, nei movimenti di macchina, nella fotografia, nella scelta delle location...

Better Call Saul e la tragedia di un uomo ridicolo.

Better Call Saul e la tragedia di un uomo ridicolo.

A spasso nel tempo. Better Call Saul si conclude dopo sette anni dalla sua prima messa in onda. Iniziò tutto con Uno, primo episodio scritto e diretto da una delle due menti che presiedono l’intera architettura narrativa dell’universo di Breaking Bad, nato con la prima stagione del 2008. Nome...

Django Unchained

Django Unchained

Django Unchained, USA, 2012, Quentin Tarantino (R. e Sc.) Ci risiamo, torna Tarantino con il suo stile scoppiettante e ammiccante. I fan gioiscono, e i meno fan apprezzano. Dopo le disamine della blaxploitation di Jackie Brown, del cinema orientale di Kill Bill...