Diabolik, un cinecomic italiano
A più di cinquant’anni di distanza Diabolik torna al cinema (la prima e unica volta era stata nel 1968 nella trasposizione del Maestro Mario Bava) con la regia dei fratelli Manetti che, dopo il buon successo di Ammore e malavita (2017), riescono a esaudire il loro desiderio di riportare “il re del terrore” sul grande schermo.
La vicenda raccontata è ispirata principalmente al terzo albo della prima serie a fumetti creata dalle sorelle Giussani L’arresto di Diabolik (ma si trovano anche elementi comuni a tutti gli anni ’60 e ’70 del personaggio): nella cittadina di Clerville è atteso l’arrivo di Eva Kant (Miriam Leone), un’affascinante ereditiera che porta con sé un diamante rosa preziosissimo. Il gioiello attira le attenzioni di Diabolik (Luca Marinelli), ladro spregiudicato, dotato di intelligenza e capacità straordinarie e braccato dalla polizia, in particolare dall’ispettore Ginko (Valerio Mastandrea).
I Manetti Bros. realizzano un film molto aderente al fumetto restituendo un linguaggio che punta alla ricostruzione di un mondo di un certo tipo, sia a livello narrativo che visuale – come dimostrano i tagli di luce, il design, la composizione dell’inquadratura, il montaggio -, dando prova di conoscere a menadito la versione fortemente rettangolare e geometrizzata degli albi.
È un’opera in cui si possono trovare varie citazioni, tra cui Alfred Hitchcock (il gioco di sguardi, la duplicità dei personaggi) legato soprattutto al personaggio di Eva Kant (disegnata sul modello di Grace Kelly): perché Eva è una donna che è vissuta non solo due volte, ma anche di più, infatti apprendiamo molto del suo passato (ex ballerina in un nightclub, poi moglie di un miliardario deceduto), oltre a vedere gli eventi che la portano a diventare la complice e l’amante di Diabolik. La presenza di Eva Kant è fondamentale, nonché uno dei motivi per cui si è scelto di mettere in scena questa tra le tante avventure del re del terrore, poiché la sua figura emerge nella lotta tutta mascolina tra Diabolik e Ginko: è una donna che si afferma e fa valere la propria posizione nei confronti del suo amante, vincolato a una visione molto patriarcale e diffidente della vita, e il suo essere un personaggio moderno e contemporaneo viene condensato nella frase rivolta proprio a Diabolik: «Mogliettina un corno!».
Il personaggio di Diabolik, invece, in aderenza al fumetto, non è mai ironico né autoironico, ha uno sguardo volutamente catatonico che non cambia mai, è un uomo freddo del cui passato non sappiamo nulla, che uccide senza esitare e senza rimorsi quando è necessario e che si fa beffe delle leggi.
Il film, molto atteso per la sua carica popolare e per quella grande voglia (evocata soprattutto da critici e cinefili) di veder rinascere il cinema di genere in Italia, si muove in un territorio opposto a quello dei modelli del Marvel Cinematic Universe per via dei suoi tempi, dei dialoghi, della rappresentazione visiva, dei personaggi. I Manetti, infatti, come dichiarato in un’intervista, hanno cercato di essere «quanto più italiani possibile»: il pubblico sarà pronto a tutto questo? Riuscirà a farsi coinvolgere dimostrando di essere pronto per un cinema di genere di questo tipo? Non resta che aspettare per avere la risposta, anche perché su Diabolik sono in lavorazione altri due film per concludere il progetto di una trilogia.