Marx può aspettare, la famiglia anche
La famiglia. Cos’è la famiglia? Per ognuno di noi è qualcosa di diverso. Può essere amore, calore, benevolenza, ma anche terrore, cattiveria o anche confusione. Per Camillo Bellocchio, fratello di Marco, e protagonista della storia del documentario è proprio questo, confusione. E la famiglia lo viene a scoprire in questo viaggio nel tempo, nelle memorie e nelle parole delle sorelle e dei fratelli del regista piacentino. È un viaggio che vuole ripercorrere le tappe della loro vita, i perché di alcuni comportamenti e il come sia stato possibile non accorgersi di un malessere.
Uno dei temi di fondo, attorno al quale ruota il film, è la religione. La famiglia Bellocchio è molto cattolica, ma è anche molto borghese e mentre guardavo il film mi suonavo in testa i versi della canzone di Claudio Lolli, “Borghesia”, e in particolare:
E la domenica vestita a festa con i capi famiglia in testa
Ti raduni nelle tue Chiese in ogni città, in ogni paese
Presti ascolto all’omelia, rinunciando all’osteria
Così grigia e così per bene, ti porti a spasso le tue catene.
E proprio dalla religione e dalla borghesia che Marco Bellocchio ha voluto prendere le distanze cercando nei suoi film di analizzarle e far capire che non c’è gloria in esse. Il regista in Marx può aspettare ce lo vuole dimostrare che lui questi temi, tanto cari alla famiglia, li ha voluti guardare in modo diverso attraverso i suoi film. Ma non solo, ci vuole mostrare che le regie a I pugni in tasca, La cina è vicina, La condanna, L’ora di religione e soprattutto Gli occhi, la bocca sono il suo percorso psicanalitico verso la consapevolezza.
Sì, perché Camillo, fratello gemello di Marco, muore suicida e nel regista sorgono domande che vuole condividere con le sorelle e i fratelli e ognuno si interroga sulle proprie colpe.
A distanza di più di quarant’anni dalla morte vengono rielaborate le richieste di aiuto, forse rimaste inascoltate o non prese sul serio.
Dalle parole dei membri della famiglia si percepisce una grande consapevolezza dei propri comportamenti davanti alla morte di Camillo, gli eventi vengono rielaborati e presi in considerazioni particolari che nel 1968 erano stati tralasciati.
Marx può aspettare passa da ritratto di famiglia a inchiesta sulle colpe di ognuno davanti ai disagi di una persona cara, sulle cause che avrebbero potuto portare alla depressione di Camillo.
Un’inchiesta condotta da Marco Bellocchio che si fa intervistatore davanti ai fratelli e alle sorelle e intervistato davanti ai figli.
I perché scientifici vengono, però, lasciati agli esperti che con interviste fredde parlano della particolare condizione di Camillo e ne risulta un ritratto del fratello gemello come confuso dal proprio ruolo nella famiglia e nel mondo, mai contento, con un velo di malinconia perpetuo.
La domanda di fondo è: cosa possono fare i fratelli, le sorelle e i genitori, davanti alla depressione di Camillo? Ma la domanda vale anche allargando il contesto dalla micro-società che è la famiglia alla società intera.
Forse basterebbe ascoltare. Non analizzare, comprendere, fare domande. Stare zitti, ascoltare o leggere. Le richieste di aiuto possono arrivare attraverso le lettere (“c’è posto per me nel mondo”) o attraverso una frase (appunto, “Marx può aspettare”).
Non ascoltare non significa essere insensibili. Forse si è impegnati troppo nel proprio lavoro, nel pensare solo ai propri problemi per pensare, anche solo un momento, a quelli di una persona vicina.
Questo non è un problema di religione o di borghesia e non è un problema familiare, è il problema della nostra società chiusa in un individualismo frenetico e in un capitalismo divoratore dei sentimenti. Il documentario non fa altro che mostrare queste caratteristiche della società, concretizzarle, reificarle e restituisce un quadro pessimista della realtà.