BILLY #1.2020 – IL CONTAGIO
Lo stato dell’arte
Abbiamo scritto, riscritto, riformulato, disfatto e reinterpretato questo editoriale rincorrendo l’attualità più recente, troppo sfuggente e troppo poco predicibile. Quando ragionavamo su questo primo numero di Billy di quello che si sarebbe da lì a poco rivelato un funesto 2020, la riflessione prendeva le mosse da una storia sinistra di contagio, confinata nel continente asiatico, che ci spingeva a riflettere sull’ambivalenza del termine “contaminazione”.
Se è vero – com’è vero – che contaminare è sinonimo in infettare, inquinare, lordare, e in certi contesti anche corrompere moralmente, è altrettanto vero che contaminare è anche fondersi, arricchire, ibridare.
Abbiamo inteso la contaminazione come l’incontro di codici espressivi e canali artistici che si contagiano vicendevolmente, dando luogo a forme ibride che offrono un’esperienza nuova e più completa. C di contagio, di cultura, di crossover. Le arti contemporanee – sempre più visuali, che visive – oggi dialogano tra loro, accogliendo e incorporando i differenti linguaggiartistici; coinvolgono l’uomo, artista e spettatore, interiorizzando nel risultato finale le nuance della sua esperienza.
Il termine Gesamtkunstwerk – dal tedesco, l’opera d’arte totale – indica proprio la convergenza di più forme artistiche che in un’unica sintesi culturale tocca le corde dell’universalità. Senza voler scomodare le intuizioni wagneriane, oggi si assiste alla conversione non senza proseliti alla multimedialità artistica, che non è più solo appannaggio degli sceneggiatori, dei videasti, dei compositori o dei performer, ma si traduce in una conversione democratica. La contaminazione avviene quindi su più livelli, tra le discipline e all’interno delle discipline stesse, e di riflesso contagia lo spettatore, il suo punto di vista, il suo credo.
In questo numero abbiamo osservato da vicino un termine che solo qualche settimana fa evocava lugubri scenari esotici, che oggi invece fanno parte della nostra rimodulata quotidianità, fatta di mura domestiche, nevrosi e lievito di birra.
Ma abbiamo portato avanti le nostre istanze, i nostri pensieri, le nostre battute sulla tastiera con maggiore enfasi quando la cultura è venuta in soccorso come anticorpo per riempire il silenzio dell’isolamento da COVID-19. Assistiamo al tentativo contemporaneo di alcuni artisti di togliere la polvere dalla noia di una reclusione opportuna, facendoci entrare grazie al web nelle proprie case, nei propri laboratori e studi di registrazione, dietro le quinte delle proprie maestranze. L’obiettivo è intrattenere, accomodarsi nel vuoto altrui, mentre i sipari dei cinema e dei teatri sono chiusi, e i balconi e le chat di famiglia affollati.
Lungi dal voler scrivere un elogio alla lentezza o alla frenesia, in questo numero dedichiamo un focus importante al cinema del contagio e al cinema contaminato; agli artisti ibridati dietro la camera da presa, che sperimentano il terreno multimediale.Parliamo di fusionin riferimento alla commistione di generi cinematografici, musicali, e registri linguistici; della virulenza dei social media, e delle influenze sottili e sfuggevoli tra realtà e finzione.
Di questo e di altro parliamo in questo numero di Billy che – soltanto per questa volta – esce esclusivamente in veste digitale, per mostrare il volto felice della contaminazione, in un periodo in cui la positività tuona come una condanna.