30 anni di Akira
Sono passati trent’anni dall’uscita nella sale di Akira e Nexo Digital ha deciso di celebrare questo evento riportandolo nelle sale il 18 aprile per mostrarlo agli occhi delle vecchie e nuove generazioni con un nuovo doppiaggio. Già il 29 maggio 2013 si era voluto celebrare il 25° anniversario del film riportandolo in sala, tanto per avere un’idea del lascito e dell’importanza che un film come Akira ha costruito attorno a sé dalla fallimentare uscita nelle sale nel 1988 fino ai giorni nostri: trent’anni che vanno a coprire all’incirca l’arco di tempo trattato nel film, dalla distruzione di Tokyo durante la immaginaria terza guerra mondiale del 1988 fino alla sua ricostruzione in NeoTokyo nel 2019.
Come già accennato il prologo del film ci porta subito dentro il bagliore di un’esplosione nucleare che rade al suolo Tokyo nel 1988 durante la terza guerra mondiale. Trent’anni dopo su quel terreno viene ricostruita la città con il nome di NeoTokyo, una lisergica metropoli iperfuturistica dove infinti grattacieli e strade si intrecciano, fondono e sposano tra loro in un disegno colorato dove domina la legge del neon a ogni angolo. Di meno viene la legge vera e propria che lascia sullo sfondo urbano una società allo sbaraglio, tra violenze di strada, rivolte popolari soppresse dagli agenti dell’esercito, un governo corrotto da politici codardi che vivono bellamente nelle loro ville.
Kaneda è un adolescente e leader di una banda di motociclisti in conflitto con una banda rivale, e un giorno nel bel mezzo di inseguimento il suo amico Tetsuo rimane coinvolto in un incidente contro un bambino dai poteri paranormali. Tetsuo viene preso in custodia dai militari ma anche dentro di lui qualcosa di paranormale e sovrumano sta prendendo il controllo, col rischio di risvegliare Akira, un’entità divina sepolta sotto NeoTokyo e tenuta sotto massima osservazione dal governo militare.
L’adattamento cinematografico del Akira, scritto e ideato da Otomo, è del 1988, quando ancora il manga non era concluso (l’ultimo e sesto volume uscirà del 1990), e i volumi che sono confluiti nell’opera cinematografica cercano di condensare le 2000 pagine dell’opera originale in poco più di due ore di film. Tuttavia l’ambizione nell’adattare la sua creazione per il grande schermo porta a un’attenta progettazione della produzione tanto che viene istituita una partnership dal nome “Akira Committee” al cui interno si riuniscono numerose compagnie nipponiche.
Nulla venne lasciato al caso, il budget era di quasi un miliardo di yen e prevedeva uno specifico accordo sindacale affinché gli animatori potessero lavorare a turni 24 ore su 24 in modo tale da conseguire un livello d’animazione che riservasse la massima precisione a ogni singolo dettaglio per ogni fotogramma del film. Inoltre Akira è il primo film d’animazione giapponese dove è stata impiegata la computer grafica per dare alle scene catastrofiche una resa più d’impatto che riuscisse a gestire l’animazione di migliaia di detriti, oggetti ed esplosioni che sarebbero confluiti nella stessa inquadratura. Una cosa tuttavia colpisce nell’animazione di Akira, come elemento concettuale e strutturale della messa in scena, ed è la luce, usata con una precisione millimetrica tanto da costruire una propria drammaturgia che delinei la portata monumentale di NeoTokyo nella onnipresente luce al neon che bombarda continuamente i protagonisti attraverso insegne, device, lampade, raggi laser e computer. Tra esplosioni e moli di detriti che escono ed entrano in zone d’ombra, i personaggi vengono ed escono continuamente da coni di luci, prima naturali, artificiali e poi belliche che vanno a comporre un viaggio lisergico sotto le note folkloristiche e ipnotiche della soundtrack di Shoji Yamashiro.
Se prima abbiamo accennato al lascito di Akira per l’importanza con cui è stato ricordato e proiettato negli anni, è bene però fare una panoramica di tutto il cinema precedente che confluisce dentro l’opera di Otomo, uscita nel 1988. Tutto il cinema di fantascienza americano fino a Blade Runner riecheggia in ogni angolo di NeoTokyo: a distanza di sei anni dall’uscita di Blade Runner anche Otomo, come Scott, sceglie il futuro (e ormai odierno) 2019 come coordinata temporale per immaginare la sua NeoTokyo ricca di luci, finestre e geometrici grattacieli che si stagliano nel cielo lungo infinite linee verticali che collimano con la disfatta verso il fondo della società; il gusto per le mutazioni, prima frutto della psiche e poi della carne, possono ricordare Scanners, La mosca e Videodrome di Cronenberg, e anticipare la parentesi cyberpunk più estrema di Shinya Tsukamoto con Tetsuo dell’anno dopo; e i guerrieri della strada del western distopico di George Miller (o quelli metropolitani di Walter Hill) tornano anche nella NeoTokyo di Otomo dove i ragazzini si sfidano e martoriano con le loro moto piuttosto che a colpi di pistole o katane.
Otomo con il suo Akira ha cercato di alzare l’asticella del cinema d’animazione oltre il semplice intrattenimento grazie ad un’invidiabile acutezza di sguardo e visionarietà nel trattare i tanti temi di natura politica, ecologica, sociologica e filosofica, andando inoltre a toccare corde universali come l’adolescenza e l’amicizia. Per questo Akira meriterebbe un posto vicino alla migliore fantascienza, quella visionaria e intellettuale emancipatosi con Kubrick e Tarkovsky, ma anche quella più propriamente di genere, da Scott, Carpenter e Cronenberg per arrivare poi al cinema giapponese, quello che con il Godzilla di Honda ha trovato un modo per dire la sua su un tema tanto caro al popolo del Sol Levante come quello della devastazione nucleare di Hiroshima e Nagasaki.
Un’opera densa e complessa, forse non perfettamente omogenea nella gestione dei tempi e a tratti stancante, tanto che traspare facilmente la sensazione di stare assistendo solo ad un piccolo pezzo di un puzzle più grande. Nel suo procedere ermetico Akira culmina in un’esplosione come unica via per recuperare e ricostruire un’umanità che per epurarsi dai suoi peccati necessita di ripartire da zero: tutto questo attraverso l’incapacità di Tetsuo di comprendere il mondo e dando sfogo alla sua rabbia, pura e adolescenziale, e poi politica, sociale e catastrofica per le sorti dell’umanità.
Una riflessione che trova la catarsi solo nella distruzione, paradossalmente più attuale che mai, e infatti non stupisce che Akira nel corso di questi 30 anni sia rimasto vivo e influente in buona parte della cultura orientale e occidentale, tanto che due artisti come Kanye West e Michael Jackson lo hanno omaggiato nei rispettivi videoclip di Stronger e Scream. Ma Akira è diventato un punto di riferimento per buona parte del cinema di fantascienza degli anni successivi, ponendosi come pietra miliare dell’immaginario cyperpunk, tanto che gli ologrammi femminili in mezzo alle strade sembrano gli stessi del recente Blade Runner 2049.
Akira è diventato un’icona pop che ha lasciato il segno, ma ancor prima è un film complesso, contorto, misterioso e spesso inafferrabile, capace di travolgere i sensi con un’ondata di violenza totalizzante, distruttiva e rigenerante come pochi altri. Un Cult.