La ruota delle meraviglie, il melodramma di Woody Allen
Woody Allen torna al cinema e torna a Coney Island, per la precisione ritorna dentro la casa di Alvy Singer, il personaggio da lui interpretato nel celeberrimo Io e Annie; a viverci, questa volta, sono Ginny (una grande Kate Winslet), cameriera in un ristorante di pesce, il suo secondo marito Humpty (l’ottimo Jim Belushi), un giostraio, e suo figlio Richie (Jack Gore), affetto da piromania e avuto dal primo matrimonio.
L’equilibrio familiare, già precario per via della relazione segreta tra Ginny e il bagnino dell’isola Mickey (interpretato da un poco convincente Justin Timberlake), viene rotto definitivamente dall’arrivo di Carolina (la brava Juno Temple), figlia di Humpty, che chiede rifugio al padre poiché sta scappando dal marito, un gangster, e dai suoi scagnozzi che hanno intenzione di ucciderla. La presenza di Carolina col tempo si rivelerà dannosa per Ginny, specie nel momento in cui noterà che il suo amante è attratto dalla ragazza, innescando in lei una gelosia sempre più incontrollabile che la porterà a decisioni estreme.
L’opera di Woody Allen, supportata dall’accesa fotografia di Vittorio Storaro (che ha collaborato anche in Café Society), è buona, e fin da subito, come apprendiamo da Mickey, narratore di tutta la vicenda, si rivela per quello che è: un vero e proprio melodramma (il film, volendo, potrebbe infatti essere riadattato a una pièce teatrale). Lo dimostrano le numerose citazioni di autori quali Eugene O’Neil, Shakespeare, ecc. Non sono poi aspetti casuali che la protagonista Ginny, personaggio che ricalca le orme di Cate Blanchett in Blue Jasmine, abbia un passato di attrice di teatro e che Mickey studi drammaturgia.
Un melodramma in cui più che la storia in sé, assai prevedibile, a contare sono le psicologie dei personaggi. Tutti infatti sono insoddisfatti delle propria vita e, per sopportarla, si aggrappano a delle illusioni: Ginny alla sua storia con Mickey (per lei la via per uscire da un’esistenza deludente), Humpty al suo amore per Ginny (anche se in cuor suo sa di non essere amato), Mickey al suo sogno di diventare commediografo, Carolina alla convinzione di poter ricominciare una nuova vita, Richie alla sua passione per il cinema, chiave per sfuggire ai disagi della famiglia.
Il tutto all’interno della cornice della Coney Island degli anni ’50, posto che il regista conosce molto bene (vedi Radio days), un luogo di svago e divertimento, ma che si rivela abitato da persone che di divertente non hanno nulla, le cui vite sono tristi e disastrate. A rimarcare ancora di più questo fatto è la scelta Allen di eliminare l’elemento comico.
Ecco allora, per concludere, che la meraviglia, a cui rimanda il titolo, non esiste, è solo un’illusione, un giro di giostra destinato a finire; un’illusione di cui però non possiamo fare a meno e ogni volta ripartiamo da capo, perché dalla giostra non vogliamo scendere.