Birdman, purtroppo
Birdman è un brutto film e basta. (Non me ne frega niente che abbia vinto un Oscar, ma questo è persino pleonastico da affermare.)
Birdman non è brutto, indisponente, reazionario come Babel, ma è comunque brutto. E il fatto che non sia così brutto, indisponente e reazionario come Babel è un’ulteriore aggravante, ché almeno Babel provava a esistere. Birdman sopravvive, al massimo vivacchia, e male.
Birdman è noioso, innanzitutto. Una storia da piaghe da decubito, scritta verosimilmente durante una seduta di Super Smash Bros (che è infinitamente più toccante, da un punto di vista emotivo), con accenni di trama che risultavano prevedibili già durante la prima proiezione parigina dei fratelli Lumiere. Essere banali non è in sé un male, non sempre almeno, se fa parte del gioco con lo spettatore, ma quando ci prende sul serio o ci sono delle Torri Gemelle all’orizzonte o altrimenti sarebbe meglio tacere.
Birdman è inutile, nel senso deteriore del termine. Non è superfluo, ché lì Dante Arfelli avrebbe da ridire. È proprio inutile, di un’inutilità indifferente: nel suo esaltarsi di piani sequenza inutilmente virtuosi, nel sovrapporre piani cronologici e narrativi inutilmente incrociati, nel rimandare a una dinamica emotiva inutilmente evocata. E scriverne è in realtà altrettanto inutile, soprattutto se ti fermi a considerare che uno dei riferimenti di Birdman è Carver. Carver.
In Birdman non ci sono fantasmi, non c’è tormento, insiste solo una parabola rassicurante e pretestuosa, a cui manca il sangue vero del martirio, il vero disagio della follia, o lo scarto autentico della violenza, l’onesto avvampare della distruzione – che sia auto o meno.
C’è solo tanta, scintillante e neppure affascinante fuffa. “Cosmesi” avrebbe detto il Dogma, giusto vent’anni fa. L’oro degli stolti.
E non stupisce che, all’indomani della vittoria della statuetta pelata, diversi giornalisti italiani si siano affannati a stigmatizzare l’operato della giuria dell’ultimo Festival di Venezia, colpevole di aver dimenticato Birdman. A Venezia – guarda un po’ – ha vinto un gran film, Birdman invece è una patacca di quelle che ti rifilano negli autogrill, e noi dovremmo smetterla, almeno di tanto in tanto, di essere una colonia, di compiacere come paggi il potente di turno, sia esso un regista, un Nobel, un distributore di benzina o il nostro datore di lavoro.