Interstellar, la nuova odissea
Perché Interstellar non ci convince completamente? Perché il discorso <<è un film di Nolan, quindi mi aspetto di più>> è forse altrettanto poco sensato?
Credo sia presto detto: in Interstellar – che, sia chiaro, regge la tensione e la narrazione a discapito di una durata smisurata – manca il cinema. Nel senso che tutto scorre via liscio come un bicchiere d’acqua. Tutto è precisamente incasellato (al di là dei paradossi spazio-temporali, che – in quanto tali – sono difficilmente ordinabili), tutto è lineare, tutto spiegato, tutto fin troppo rigoroso (non mi frega nulla dell’attendibilità scientifica, chi cerca l’assoluta aderenza al dettame sistematico si guardi i documentari di National Geographic Channel).
Significa che manca il mistero del cinema, la sua sostanziale insondabilità, la capacità di narrare altro rispetto allo scibile o quanto meno di raccontare lo scibile (presunto o meno) secondo modalità inconsuete. Interstellar, che – per carità – è un buon film, sembra quindi una continua e prolungata reductio, un sostanzioso compendio che si prende fin troppo tempo per poterti agganciare al suo viaggio, senza sorprendenti se non nella cosmesi cinematografica, coinvolgendoti senza avvincerti perché non sta parlando di te.
Si è parlato di un aggiornamento di 2001: odissea nello spazio. Credo sia vero (anche perché io stesso l’ho detto), credo che l’accostamento sia opportuno, anzi: è proprio nel confronto che il film di Nolan mostra evidente il suo mancato smarrimento. Se Kubrick raccontava (anche, ma non solo) il suo cinema, la sua meta mutevole, il coraggio di perdersi pur restando geometrici, Nolan resta ancorato al suo sentiero, non ammette la deviazione, la devianza, il clinamen che è urticante gioia creatrice.
Sai già dove andrai, sai già dove ti porterà il buco nero (lo stesso del capolavoro di Kubrick?), dove ti sveglierai alla fine della caduta. Senza, sia chiaro, essere prevedibili, quanto, piuttosto, scoprendosi deterministici e ineluttabili.
Nolan ci ha regalato altro, altri disturbi, altre scosse narrative, altre ellissi di senso, altri vuoti. Ecco, forse, il punto: pur essendo nello spazio, in Interstellar tutto è troppo pieno, troppo accostato e troppo prossimo, quasi troppo connesso. Tanto da non permettere il battito a vuoto, il sospeso silenzioso del mistero.