I protagonisti
The Player, USA, 1992, Robert Altman (R.), Michael Tolkin (Sc.)
Hollywood. Cinica, autoironica, consapevole della propria spietatezza. Hollywood fucina di cinema, plasmata dal cinema stesso, e in questo caso immortalata da esso, madre e figlia della propria creatura, in un processo di selezione, sviluppo, incrocio e monetizzazione delle idee che non lascia scampo e segna, in ugual maniera, i film e i loro autori. Un homo homini lupus al limite della routine, evidente sin dal folgorante incipit magistralmente incorniciato in un piano sequenza che ben descrive l’enorme, inarrestabile, disumano organismo che è il cinema. D’altro canto, la regia è firmata dal brillante Robert Altman, già autore di M.A.S.H. e qui al lavoro con un cast davvero eccezionale, tra divertite comparse di star hollywoodiane e ruoli principali affidati ad attori non meno importanti. Tra tutti vale segnalare il sempre bravo Vincent D’Onofrio, e soprattutto un Tim Robbins magistrale nei panni del Protagonista (quel The Player giustamente declinato al singolare nel titolo originale), un produttore che per aver così a lungo vissuto di cinema, per aver tentato in ogni modo di continuare a vivere di cinema, e per aver con ogni sua forza cercato di sopravvivere al cinema, diverrà cinema egli stesso, in una circolarità così perfetta, così assoluta da togliere il fiato. Un dramma tinto di comicità con una trama da thriller e attimi di vera paranoia, di quelli che solo la vita e le migliori pellicole sanno inscenare. Un parallelismo semplicistico, per molti, giacché, lo si sente spesso, la vita non è un film. Ecco, magari non lo è nella generalità dei casi, ma c’è al mondo almeno un posto in cui la separazione è sottile, e sfuma fino quasi a perdersi… Hollywood? Il cinema? Ma, in fondo, non sono un po’ la stessa cosa?