Il pianeta delle scimmie. Liberazione in tre atti
Planet of the Apes, USA, 1968, Franklin J. Schaffner (R.), Rod Serling e altri (Sc.)
La struttura standard di una sceneggiatura che segua i principi classici della narrazione prevede che la storia che si vuole raccontare venga divisa in tre atti, ognuno dei quali con una sua funzionalità e con una precisa durata. C’è stato un periodo, nella storia del cinema hollywoodiano, in cui queste regole erano inviolabili e imprescindibili. Non fa eccezione a queste regole, nemmeno uno dei classici della fantascienza, uscito proprio quando la rigidità di queste regole stava per essere scardinata, quando l’età dell’oro di Hollywood stava volgendo al termine. Quindi anche Il pianeta delle scimmie (1968) rispetta la regola di divisione in tre atti della sua sceneggiatura, e in ognuno di questi atti i protagonisti sono alla ricerca di una liberazione, che sia essa intesa come personale o collettiva, intellettuale o fisica. Il primo atto vede ognuno dei tre protagonisti, in viaggio su una nave spaziale e poi perduti su di un pianeta sconosciuto, alla ricerca di una liberazione strettamente personale e soggettiva che li vede nella stessa situazione ma con motivazioni diverse: Taylor (Charlton Heston) decide di partecipare alla missione per sfuggire a se stesso, alla propria negatività e alla sfiducia nel genere umano, alla ricerca di una forma di vita che sia migliore dell’uomo; Dodge (Jeff Burton) è spinto dalla sete di conoscenza e dalla curiosità; Landon (Robert Gunner) cerca, con questa missione, di sconfiggere l’anonimato, di ritagliarsi un posto nella storia, cercando nell’immortalità la propria vittoria. Il secondo atto vede le motivazioni personali degli astronauti scontrarsi contro la realtà che li attende nel nuovo pianeta. I sogni e le speranze lasciano spazio alle catene e alle sbarre, ad una nuova società in cui l’uomo ha perso il dominio del mondo e vede ribaltarsi la scala gerarchica del potere. In questo atto la ricerca della liberazione, che prima era solo soggettiva e impalpabile, diventa sia fisica che intellettuale: Taylor cerca in più occasioni di fuggire dalla sua prigionia ma, e soprattutto, si scontra con una società in cui la paura e lo scetticismo offuscano le menti, costringendo i suoi abitanti in un medioevo culturale da cui difendersi e che vede il protagonista, l’elemento nuovo che scalfisce le certezze, doversi difendere da un tribunale molto simile a quello dell’inquisizione. Nel terzo e conclusivo atto, la liberazione diventa esclusivamente fisica: gli spazi chiusi e le sbarre delle gabbie si aprono e diventano interminabili distese di roccia, oceani e cielo. La libertà è stata conquistata ma il prezzo di questo sacrificio è sepolto da secoli nella sabbia.